Il popolo Sami è un’etnia della Lapponia un tempo nomade, con lingua, cultura, tradizioni e propria identità; vive prevalentemente allevando renne in un territorio chiamato Sápmi, compreso tra la Svezia settentrionale e la Norvegia centrale, una parte nella Finlandia del nord e una zona della Russia a nord di San Pietroburgo.
Questa minoranza etnica le cui tracce più remote s’incontrano in un’opera letteraria datata Anno Domini 551 è stata a lungo oggetto di una pesante discriminazione razziale, promossa con perizia scientifica soprattutto in terra svedese con un vero e proprio regime di apartheid non dissimile da quello sudafricano, con precise politiche fondate su una presunta inferiorità dei Sami e mirate a cancellarne lingua, cultura e identità.
La regista Amanda Kernell – padre sami e madre svedese – per il suo esordio nel lungometraggio si è ispirata alla storia vera di una zia per scrivere la sceneggiatura originale di Sami blood, una coproduzione tra Svezia, Danimarca e Norvegia cui è stato assegnato il Lux Prize 2017 del Parlamento Europeo, che ha vinto il Gran Premio della Giuria al Tokyo International Film Festival appena concluso e, dopo essere stato selezionato nel programma delle più prestigiose manifestazioni cinematografiche, sarà distribuito nelle sale italiane dal prossimo 30 novembre grazie a Cine Club Internazionale.

Christina, anziana insegnante ormai in pensione, viene convinta controvoglia dal figlio ad accompagnarlo insieme alla nipotina Sanna su nel nord della Svezia, per assistere alle esequie di sua sorella Njenna, membro della comunità Sami.
La donna visibilmente a disagio tra i membri della sua etnia di origine finge di non comprenderne più l’idioma e sceglie un albergo per passare la notte, rifiutando l’ospitalità dei parenti; sarà costretta comunque a fare i conti con sentimenti rimasti sepolti tutta una vita. Il ricordo di una dolorosa adolescenza in cui l’appartenenza Sami è stata vissuta come una vergogna, o peggio come una colpa, riemerge alla memoria e sarà occasione per un amaro bilancio.

Sami blood sceglie il punto di vista sgradevole di una donna che nel tentativo di affrancarsi dalle sue origini ha dato strappi crudeli, disposta ad azioni discutibili mosse dall’aspirazione a un’accettazione sociale che le era preclusa; ma proprio evidenziandone la durezza, incredibilmente il film riesce a creare empatia con la sofferta figura protagonista, persino feroce nella sua determinazione.
Realizzato in modo inusuale, il film è nato da due lavorazioni distinte e indipendenti tra loro: prima ha preso forma il corto Stoerre Vaerie – che diviso in due parti è andato a costituire inizio e fine del lungometraggio – e poi l’estate successiva è stata girata tutta la parte centrale, ambientata negli anni ’30 del Novecento, che racconta come un lungo ricordo gli eventi che hanno trasformato la giovane Elle Marja nella gelida Christina.

Interpretato da una coppia di vere sorelle – Lene Cecilia e Mia Erika Sparrok – la cui attività principale nella vita al di fuori della recitazione è l’allevamento delle renne, Sami blood fa il ritratto di una Svezia non troppo diversa dalla Germania nazista dell’epoca; un’analogia particolarmente evidente nell’utilizzo di strumenti che misuravano crani, setti nasali e con essi quozienti intellettivi, conservati ancora oggi in un museo di Uppsala e prestati alla produzione, che sembrano evocare orribili esperimenti sulla razza in uso nei lager del Terzo Reich.
Un parallelo storico documentato che non ha mancato tuttavia di scatenare comunque polemiche, per un passato imbarazzante che si vorrebbe dimenticato.

Oltre il valore etico di testimoniare la sofferenza subita a lungo dai Sami per gran parte del ventesimo secolo, il film è anche una storia di emancipazione femminile, oggi all’avanguardia in Svezia; la Nordisk Film che lo ha prodotto, la più longeva casa di produzione cinematografica del mondo, impiega il 50% delle sue risorse a finanziare progetti di autrici donne, di cui Sami blood è un ottimo esempio molto importante.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. Le sorelle Lene Cecilia e Mia Erika Sparrok con il Lux Price 2017 del Parlamento Europeo [fonte] / Nei territori dei Sami
  3.  Maj-Doris Rimpi è l’anziana Christina / Il commiato da Njenna
  4. Julius Fleischanderl è Niklas / L’ansia dei genitori / Hanna Alström è l’insegnante del collegio
  5. I piccoli Sami reclusi, studiati e misurati come animali

    © 2016 Nordisk Film Production

IN COPERTINA
Bambini sami del collegio lappone nell’infanzia di Elle Marja
© 2016 Nordisk Film Production

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: Sameblod
  • Regia: Amanda Kernell
  • Con: Lene Cecilia Sparrok, Mia Erika Sparrok, Maj Doris Rimpi, Olle Sarri, Hanna Alström, Malin Crépin, Andreas Kundler, Julius Fleischanderl, Lillie Sparrok, Ylva Gustafsson, Anna Sofie Bull Kuhmunen, Tom Kappfjell, Beata Cavallin, Jonar Thomasson
  • Sceneggiatura: Amanda Kernell
  • Fotografia: Petrus Sjövik, Sophia Olsson
  • Musica: Kristian Eidnes Andersen
  • Montaggio: Anders Skov
  • Scenografia: Olle Remaeus
  • Costumi: Sara Svonni, Viktoria Mattila
  • Produzione: Lars Lindström in coproduzione con Rene Ezra, Jim S. Hansen, Magdalena Jangard, Tomas Radoor e Oskar Östergren per Nordisk Film Production in coproduzione con Oskar Östergren e Bautafilm AB
  • Genere: Drammatico
  • Origine: Svezia / Danimarca / Norvegia, 2016
  • Durata: 110' minuti