Interno notte, Studi MGM, vigilia delle elezioni, 1934 (Flashback)
Mank: Bisogna restare vigili.
Shelly: Riguardo a chi?
Mank: Alle persone che siedono nell’ombra e lasciano la propria incredulità fuori dalla porta.
Questo uno degli innumerevoli raffinatissimi scambi di battute tra i personaggi di Mank, nuovo film di David Fincher realizzato su sceneggiatura originale del padre Jack Fincher scritta nel 1990, una riflessione sulla Verità e sull’impossibilità di ricondurre la realtà a un’unica univoca vera versione dei fatti, quanto mai attuale nella nostra contemporaneità in cui si è data dignità anche alla menzogna con l’adozione dell’anglicismo ‘fake news‘.
Allora, gli anni ’30 del Novecento, il cinema era il luogo dove un pubblico senza spirito critico seduto nell’ombra poteva essere manipolato dalla più subdola propaganda, oggi la televisione o lo schermo del pc sono i principali ingressi d’accesso al nostro consenso.
Mank, come il capolavoro Quarto potere di Orson Welles a cui è correlato, è un’opera meravigliosamente complessa, che restituisce in modo vivido e straordinario il ritratto dell’epoca d’oro dello Studio System di Hollywood, adottando il punto di vista critico, ma privilegiato dall’interno, dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, per gli amici Mank; figura con la quale Jack Fincher, giornalista autore non accreditato del primo trattamento per The aviator di Martin Scorsese, si sarà identificato visto che spesso scriveva film su cui non sarebbe mai apparso il suo nome.
Quando Orson Welles scatenò il panico a New York leggendo alla radio La guerra dei mondi di H. G. Wells e la gente credette a un’invasione aliena, molti pensarono fosse la fine per l’enfant prodige di Broadway, invece ottenne un ricco contratto con la RKO per realizzare tre film in piena libertà creativa. Bastò questo ad attirare sul ‘giovane genio di New York‘ l’invidia di Hollywood, amplificata da Quarto potere che attaccava il potente magnate della stampa William Randolph Hearst.
Ma chi ha scritto davvero Quarto potere? I crediti del film riportano i nomi di Herman Mankiewicz e Orson Welles insieme, che vinsero l’unico Oscar su nove candidature, ma la questione è ancora aperta tra i sostenitori di Welles, che rimane comunque un genio della settima arte, e chi sostiene la tesi dell’esclusiva paternità di Mank sullo script – innovativo nello spezzare la linearità temporale della narrazione, oggi d’uso comune – come il film di David Fincher reso disponibile su Netflix.
Girato come un’opera originale degli anni ’40, fulgido bianco e nero in audio mono con ampio uso di dissolvenze e trasparenti, Mank dà per scontata la conoscenza delle forze in campo – dai tycoon David O. Selznick, Irving Thalberg e Louis B. Mayer che regnavano sugli studios da veri tiranni al già citato Hearst – e della battaglia ideologica in atto, tra proteste sindacali degli sceneggiatori e manovre per condizionare le elezioni in California, oltre che dell’aspro scontro su Quarto potere.
Gary Oldman è straordinario nel tratteggiare il protagonista, intelligente dotato di fine ironia, fratello maggiore del regista Joseph L. Mankiewicz, ma dedito a alcool e scommesse che hanno dissipato in gran parte il suo talento. Amanda Seyfried, mai così convincente, incarna il ruolo centrale di Marion Davies, l’attrice amata da William R. Hearst per cui il miliardario eresse il castello di San Simeon, che con la sua esuberanza lei trasformò nel ritrovo frequentato da tutta la gente più famosa di Hollywood.
Eccezionale l’atmosfera che il film riesce a creare, portata all’apice nella sequenza quasi finale in cui Mank descrive il soggetto di Citizen Kane in parallelo al Don Chisciotte di Cervantes, è la visione di un mondo estinto che non sa di essere al tramonto, dove la crudeltà del potere spinse più d’uno a barattare la propria integrità con conseguenze estreme. La colonna sonora è firmata da Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails, autori quest’anno anche della musica per il cartone animato Soul.
Mank è probabilmente l’opera più matura di David Fincher, capolavoro in confezione perfetta che ripropone temi ricorrenti nella sua già notevole filmografia, come il rischio di manipolazione dei dati personali presente fin da The game e, ovviamente, The social network sulla genesi di Facebook; ma anche il protagonista Herman Mankiewicz in fondo è l’ennesimo essere inadeguato al mondo che lo circonda, come già i protagonisti di Fight club o de Il curioso caso di Benjamin Button.
Le prossime candidature agli Oscar quest’anno, causa discutibile slittamento, saranno note soltanto il 15 marzo, ma molti facendo pronostici immaginano già un ruolo di primo piano per Mank di David Fincher, certo è un grande film che merita qualsiasi riconoscimento saprà portarsi a casa.
Didascalie immagini
- Locandina italiana
- Il cinema come potente arma manipolatoria
- Tom Burke è un giovane Orson Welles / Gli studios a Hollywoodland, che perse la parola land solo nel 1949 / Charles Dance è il potente William Randolph Hearst
- Lo studio system in mano a despoti senza pietà come Louis B. Mayer interpretato da Arliss Howard
- Una confezione anni ’40 nella grafica dei titoli, con l’uso frequente di trasparenti e persino l’inserimento dei segnali di fine bobina – nell’angolo in alto a destra – per il proiezionista
- Gary Oldman è Mank / San Simeon residenza di Hearst / Amanda Seyfried è Marion Davies
- Il dominio di un impero al tramonto
- Herman J. Mankiewicz inadeguato alla spietatezza del mondo circostante
© 2020 Netflix US, LLC
IN COPERTINA
Shelly e Mank in dialogo notturno
© 2020 Netlix US, LLC
SCHEDA FILM
- Titolo originale: Mank
- Regia: David Fincher
- Con: Gary Oldman, Amanda Seyfried, Lily Collins, Arliss Howard, Tom Pelphrey, Sam Troughton, Ferdinand Kingsley, Tuppence Middleton, Tom Burke, Joseph Cross, Jamie McShane, Toby Leonard Moore, Monika Gossmann, Charles Dance, Jack Romano, Adam Shapiro, John Churchill, Jeff Harms, Derek Petropolis, Sean Persaud, Paul Fox, Tom Simmons, Nick Job, Colin Ward, Cooper Tomlinson, Julie Collis, Arlo Mertz, Craig Welzbacher, Jessie Cohen, Desiree Louise, Amie Farrell, Ian Boyd, Jay Villwock, Lou George, John Lee Ames, Bill Nye, Richmond Arquette, David Lee Smith, Mario Di Donato, James Patrick Duffy, Flo Lawrence, Sebastian Faure, Randy Davison, Christian Prentice, Leven Rambin, Rick Pasqualone, Gary Teitelbaum, Eden Wattez, Roslyn Cohn, Mark Fite, John Patrick Jordan, Ben Mankiewicz, Natalie Denise Sperl, Brian Michael Jones, Camille Montgomery, Craig Robert Young, Paul Carafotes, Anne Beyer, Joey Hagler, Sean Donnellan, Stewart Skelton, Malachi Rivers, Keith Barber, Kaytlin Borgen, Madison West, Elvy Elvy, Ali Axelrad, Adrienne Evans, Dana Lyn Baron
- Sceneggiatura: Jack Fincher
- Fotografia: Erik Messerschmidt
- Musica: Trent Reznor & Atticus Ross
- Montaggio: Kirk Baxter
- Scenografia: Donald Graham Burt
- Costumi: Trish Summerville
- Produzione: Ceán Chaffin, Eric Roth e Douglas Urbanski con William Doyle e Peter Mavromates in associazione con Andrea McKee per Netflix International Pictures
- Genere: Commedia
- Origine: USA, 2020
- Durata: 131′ minuti