Luis è padre di Alicia, ragazzina dodicenne affetta da leucemia, oppresso dall’impotenza davanti all’avanzare inarrestabile della malattia, che vorrebbe esaudire ogni desiderio della bimba.
Sul diario segreto della piccola colto senza lucchetto, l’uomo scopre la passione della figlia per una serie anime giapponese intitolata Magical Girl Yukiko e il suo sogno di indossare il costume originale dell’eroina protagonista del cartone animato.
Insegnante di letteratura disoccupato, ormai preda di una vera e propria ossessione, improvvisamente Luis si rende disponibile a ogni azione pur di raccogliere il denaro necessario ad acquistare il prezioso vestito in vendita on-line, dal prezzo esorbitante perché pezzo unico firmato da uno stilista di fama. Senza arretrare davanti a niente, ormai lontano da ogni scrupolo etico e morale, sulla sua strada l’uomo incontrerà Bárbara, moglie disturbata di uno psichiatra in fuga da un torbido passato, ma anche l’anziano Damián, ex professore di matematica in qualche modo angelo (vendicatore) custode della donna.
Diviso in tre capitoli, uno per ognuna delle figure principali, con titoli ermetici quanto enigmatici – Mondo, Demonio, Carne – il racconto si snoda tortuoso e imprevedibile, attorcigliato in una serie di eventi dalle conseguenze irreparabili per tutti i personaggi in campo.
Magical Girl è l’opera seconda del cineasta madrileno Carlos Vermut, pseudonimo di Carlos López del Rey, che dopo studi d’arte e la realizzazione di fumetti pluripremiati nel mondo dei comic d’autore, ha esordito nel lungometraggio con Diamond flash, un film che nonostante sia stato distribuito soltanto in rete ha saputo attrarre l’attenzione di pubblico e critica per la sua originalità.
Firmando in solitaria entrambe le sceneggiature originali dei suoi film, Vermut è un maestro nel costruire aloni di mistero in narrazioni non convenzionali capaci di catturare l’inconscio dello spettatore.
Magical Girl intreccia tre linee narrative saltando avanti e indietro nel tempo senza vincoli, ma lasciando comunque l’illusione di una narrazione lineare, prodiga nel fornire elementi di comprensione soltanto al momento opportuno; un congegno strutturale perfetto paragonabile all’innovativo Pulp fiction di Quentin Tarantino. Con un racconto sottilmente crudele che non mostra mai violenza o brutalità, il film arruola per l’efficacia dell’impatto emotivo l’arma più potente che il Cinema possa mettere in campo: la nostra immaginazione; che spazia libera a costruire ciò che di terribile è occultato nella Sala della Lucertola Nera.
Nel monologo pronunciato dal personaggio di Oliver la chiave di lettura di un’opera che inquieta e disarma, nella riflessione che la Spagna è un Paese in bilico, vittima di un conflitto irrisolto tra istinto e razionalità – lontana dalla ragione dei popoli nordeuropei, ma allo stesso tempo incapace di abbracciare senza complessi la passionalità mediterranea delle nazioni del sud – nella violenza della tauromachia redime questa lotta senza soluzione. Anche la piccola Alicia nel desiderio infantile di un discorso da regina alla sua popolazione lascia allibiti, riportando in superficie ferite ancora aperte di uno Stato che non ha mai sanato i traumi della guerra civile né del regime che ne è seguito.
Non è casuale se Luis in una libreria per vendere i suoi volumi cita il valore de L’alveare, romanzo del 1951 scritto dal premio Nobel per la letteratura Camilo José Cela, confessando un riferimento morale del regista verso quest’opera letteraria nella costruzione dell’intreccio di Magical Girl. Ambientato a Madrid subito dopo la fine della guerra civile, il libro è un racconto a più voci di tante piccole storie affondate nella povertà e nel più bieco conformismo della dittatura, con persone indotte dalla necessità al ricatto e a compiere ogni bassezza nel tentativo disperato di assicurarsi una sopravvivenza.
Pieno di piccole tracce che riconducono al deserto delle istituzioni che dovrebbero assicurare coesione a una comunità, la Costituzione spagnola è ridotta a vuoto contenitore in cui nascondere il denaro di un ricatto, Magical Girl offre un ritratto metaforico, ma non per questo meno impietoso, della società spagnola contemporanea, un’opera tagliente e indimenticabile.
Coproduzione franco spagnola il film è stato presentato nella selezione ufficiale del Toronto International Film Festival, al 62° Donostia Zinemaldia di San Sebastian – dove ha vinto i premi al miglior film e alla regia – e al Busan International Film Festival; candidato a sette premi Goya, ha conquistato la statuetta per la miglior attrice assegnata a Bárbara Lennie nel ruolo di Bárbara.
Disgraziatamente ancora inedito in Italia a tre anni dalla sua uscita sugli schermi spagnoli, forse per la sua sfuggente capacità di non appartenere ad alcuna codifica, Magical Girl è una visione disturbante che non lascia indifferenti, si consiglia di non perderla ovunque dovesse rendersi disponibile al pubblico italiano.