‘La felicità non è davvero una destinazione, ma il viaggio.‘
Pawo Choyning Dorji

Dall’esordio sugli schermi al BFI London Film Festival nell’ottobre 2019 fino ad oggi il bellissimo Lunana: il villaggio alla fine del mondo, esordio alla regia dello scrittore e fotografo Pawo Choyning Dorji, ne ha fatta di strada, arrivando anche alla candidatura all’Oscar per il Bhutan come miglior Film Internazionale; una struggente opera prima, ricca di poesia e di una splendente capacità di affrontare l’essenza più vera della vita.
Thimpu, capitale del Bhutan. Il giovane insegnante Ugyen Dorji è al quarto dei cinque anni di servizio al governo del regno che la legge gli impone, l’ultimo impegno didattico a favore della collettività che il ragazzo affronta con svogliatezza e disinteresse convinto di non avere doti per l’insegnamento, ma soprattutto condizionato dall’idea di andare in Australia a inseguire una carriera canora.
Per punire in qualche modo le sue lamentele e la mancanza di motivazione i suoi superiori gli assegnano la scuola più isolata del mondo, a Lunana, un villaggio glaciale sperduto sull’Himalaya al confine col Tibet, dove a un’altitudine di quattromila e ottocento metri vive una piccola comunità di pastori di yak.
Il maestro è costretto suo malgrado a partire per raggiungere il posto assegnato, talmente remoto che dalla cittadina di Gasa – ultimo luogo in cui è possibile arrivare su strada – sono necessari otto giorni di cammino arrampicandosi sulle montagne, immersi nella natura selvaggia per arrivare a destinazione. Un viaggio sempre più scomodo per un ragazzo abituato agli agi della modernità, costretto già lungo il percorso a lasciarsi dietro pregiudizi e senso di superiorità nei confronti di un mondo arcaico, immutato da millenni e forse proprio per questo più puro e vicino all’essenza stessa dell’esistenza. Un’esperienza destinata a cambiare parametri e priorità nella vita del giovane Ugyen.

Lunana è un luogo reale, incontaminato e reso ancor più irraggiungibile dall’assenza di strade e strutture per l’ospitalità lungo il sentiero. Il regista Pawo Choyning Dorji ha coinvolto nella realizzazione del film gran parte dei cinquantasei abitanti del villaggio, trasferendo sullo schermo la sincerità di una vita essenziale che lassù è ancora realtà quotidiana, inconsueta anche nel resto del Bhutan nonostante la ‘felicità interna lorda’ introdotta dal sovrano come parametro di misurazione del progresso nel Paese.

Soltanto tre membri del cast artistico sono arrivati da fuori insieme alla troupe tecnica e Lunana: il villaggio alla fine del mondo rappresenta per tutti e tre l’esordio sullo schermo: il cantante Sherab Dorji che ha lasciato gli studi per lavorare in una casa discografica è il protagonista, la giovane Kelden Lhamo Gurung nei panni di Saldon è ancora una studentessa e Ugyen Norbu Lhendup, che si era presentato per il ruolo del maestro, è talmente piaciuto che il personaggio di Michen è stato creato apposta per lui.

Il film di Pawo Choyning Dorji è anche racconto di formazione con l’evoluzione di un ragazzino, abituato a dare per scontate cose come l’affetto dell’anziana nonna con cui vive, che usa la musica per isolarsi ed erigere muri che lo separino dagli altri, ma imparerà a cantare per il creato che ha intorno, come le gru dal collo nero che non si preoccupano di chi le potrebbe ascoltare. Un’opera pregevole anche per la capacità di evitare ogni trappola e banalità narrativa verso cui la storia pare invece orientarsi.

Senza adottare scoperte posizioni critiche il film pone a confronto una vita strutturata naturalmente al ritmo delle stagioni e diffusi modelli moderni – evidente nel dare nome diverso agli stessi fenomeni: Leone delle Nevi o riscaldamento globale – ben rappresentati dall’assicurazione della commessa sulla qualità delle scarpe, “le indossa anche Brad Pitt!“; lasciando comunque che ognuno tragga le proprie conclusioni, tra la nostra realtà contemporanea e un mondo devoto alle forze protettrici dell’Universo.

Al di là dell’innegabile bellezza del film, speriamo che il Bhutan possa salire sul podio del vincitore agli Oscar – con tutto l’affetto per È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino e la stima per il favorito Drive my car di Ryusuke Hamaguchi – anche per il messaggio di pace unico e universale che questo piccolo, lontano Paese dà al mondo fin dal 1629, con le parole scritte nel più antico codice delle sue leggi: «se il governo non può creare la felicità del suo popolo, allora non c’è alcun motivo per il governo di esistere».

Lunana – il villaggio alla fine del mondo di Pawo Choyning Dorji è un’emozione visiva speciale e sarà nelle sale italiane dal prossimo giovedì 31 marzo, distribuito da Officine Ubu. Da non perdere.