Ci sono artisti diventati vere e proprie icone planetarie, definiti dal solo nome di battesimo e noti anche a chi di arte non si è mai interessato. Tra Leonardo e Michelangelo un altro appartenente a questa cerchia ristretta è Vincent, il suo nome è uno dei pochi, con Klimt e Caravaggio, capaci di trascinare folle oceaniche a visitare una mostra, stelle di un firmamento mediatico che sembrano non tramontare mai.
Adesso per rendere ulteriore tributo alla figura di van Gogh, unanimemente riconosciuto padre dell’Arte Moderna, arriva sugli schermi il primo cartone animato interamente dipinto a olio su tela: Loving Vincent di Dorota Kobiela e Hugh Welchman, distribuito in sala solo per tre giorni – dal 16 al 18 ottobre – da Nexo Digital in collaborazione con Adler Entertainment.
Frutto di una coproduzione anglo-polacca, il film è stato realizzato da oltre cento pittori negli studi della Breakthru Films in Polonia e della Mabrida di Atene, che hanno creato i 65000 quadri utilizzati per dare vita a un lungometraggio che imita lo stile pittorico del Maestro olandese, riproducendo su tela i fotogrammi di riprese con attori fatte appositamente.
Il risultato di questa impresa titanica che non a caso ha visto allungarsi i tempi di lavorazione – l’uscita era attesa sugli schermi già alla fine dell’anno scorso – è un’opera riuscita a metà, proprio per una discontinuità estetica che oscilla tra inquadrature suggestive, capaci davvero di evocare il mondo di Vincent van Gogh, sequenze in bianco e nero in cui l’effetto fotografico prende il sopravvento e sporadiche inquadrature qua e là oggettivamente brutte, in cui si percepisce la finzione in teatri di posa. Inoltre il gioco di dare vita alle tele immortali di Vincent funziona a tratti su inquadrature fisse, ma appena la macchina da presa è in movimento si percepisce la costruzione digitale e il rischio di un’estetica da videogame è sempre in agguato.
Oltre centoventi le opere riprodotte integralmente o in parziali dettagli, spesso cambiandone la stagione o la luce da diurna a notturna e viceversa, per assecondare le esigenze narrative di un film destinato comunque ad un pubblico adulto; precisazione necessaria perché se il film fosse destinato ai ragazzi, che ancora non hanno avuto occasione di mettersi in relazione con le vere pennellate lasciate da Vincent sulla tela, si porrebbe un problema etico. L’utilizzo di un’imitazione del furore pittorico originale, usato come mero elemento decorativo, rischierebbe davvero di fare un danno culturale alle nuove generazioni banalizzando la portata di una spinta creativa innovativa e determinante per la storia dell’Arte del Novecento.
Se la forma rende omaggio in modo maldestro alla grandezza dell’artista, il contenuto offre risultati migliori rappresentando un commosso tributo alla fragilità dell’essere umano Vincent; i registi Dorota Kobiela e Hugh Welchman basandosi su un’accurata ricerca storica, svolta su più di ottocento lettere scritte da o indirizzate a van Gogh, hanno scritto la sceneggiatura originale che è un vero e proprio atto d’amore per l’uomo oltre il pittore. Protagonista è Armand Roulin, figlio del postino Joseph, incaricato dal padre di consegnare a Théo van Gogh una lettera del fratello Vincent rinvenuta postuma, che si mette in viaggio da Arles verso Parigi e Auvers-sur-Oise per portare a termine questa missione.
Da un tale pretesto narrativo nasce una vera e propria indagine su Vincent che porterà il giovane Armand a incontrare altri personaggi comuni che, come lui e suo padre, sono stati resi immortali dai ritratti dipinti da van Gogh, tra questi: il fornitore di colori parigino Pere Tanguy, la locandiera Adeline Ravoux, il dottor Gachet e sua figlia Marguerite.
Il puzzle composto dalle testimonianze costruisce un profilo della tormentata umanità dell’artista, partendo dal travagliato rapporto con Paul Gauguin fino a confutare la versione ufficiale sulla morte derubricata come suicidio; recenti studi accreditano sempre di più la possibilità che il pittore possa essere rimasto vittima di un banale scherzo, un incidente finito male.
Nella scala sociale Vincent van Gogh apparteneva agli ultimi, l’ipotesi che si sia prestato ad assecondare la versione del suicidio per proteggere un adolescente sconsiderato ne amplifica lo spessore umano e Loving Vincent ha il merito di rendergli omaggio sul piano morale, ma al suo tentativo d’imitare l’inimitabile preferisco la bellezza dei film dipinti a olio su vetro dal russo Aleksandr Petrov.
Dato il grande successo di pubblico riscosso, Loving Vincent tornerà ufficialmente sugli schermi il prossimo 20 novembre, ma già adesso è ancora in programmazione in alcune sale italiane.
Venerdì 20 ottobre 2017.