La ricca filmografia di Martin Scorsese comprende titoli assoluti entrati nella Storia del Cinema – da Taxi Driver a Toro Scatenato, da Quei bravi ragazzi al più recente Silence – che possono mettere ingiustamente in ombra altre opere del regista a torto considerate ‘minori’, tra queste L’età dell’innocenza, trasposizione del capolavoro letterario di Edith Wharton, compie adesso venticinque anni.
Il libro pubblicato nel 1920 vinse il premio Pulitzer al miglior romanzo, assegnato per la prima volta a una donna, e rappresenta un ritratto impietoso e tagliente dell’upper class newyorkese alla fine del XIX secolo, un ambiente esclusivo minato dalla cieca obbedienza alle convenzioni.
Newland Archer avvocato in uno degli studi legali più importanti di Manhattan è fidanzato con May Welland, giovane esponente del clan Mingott – tra le casate più prestigiose di quella ristretta ‘alta società’ – bellissima e conforme all’educazione ricevuta, prototipo di donna senza fantasia pronta a incarnare i canoni della moglie e madre perfetta.
Conquistato dalla spontanea vitalità della contessa Ellen Olenska, cugina della futura sposa appena tornata dall’Europa in fuga da un matrimonio infelice, Newland inizia a mettere in discussione le fondamenta stesse dell’intera impostazione che ha dato fin lì alla sua vita.
La forza dell’amore, la travolgente passione di un sentimento mai consumato, saranno in grado di recidere i lacci che legano il giovane Archer all’intricato labirinto invisibile, ma non per questo meno tangibile, di regole e aspettative in cui è stato cresciuto prigioniero?
La sceneggiatura firmata da Martin Scorsese e Jay Cocks segue fedelmente con poche omissioni lo scorrere del testo originale che, visti i tratti biografici della vita di Edith Wharton1, riverbera nel personaggio di Ellen esperienze e sentimenti veri dell’autrice stessa; dall’educazione europea alla fuga da un matrimonio infelice, alla ripulsa per ogni ipocrisia. Adottando Il gattopardo di Luchino Visconti come modello dichiarato, Scorsese realizza un affresco sontuoso dell’epoca, con estrema attenzione a tutti i dettagli – la storica dell’arte Robin Standefer assunta come consulente, ha redatto venticinque volumi di informazioni e dettagli su vita e costumi dell’epoca – per cui gli apporti tecnici sono più che mai fondamentali.
L’incredibile lavoro svolto da Dante Ferretti sulla scenografia per L’età dell’innocenza, con la quantità esagerata di ambienti e oggetti necessari a restituire il lusso di quell’ambiente elitario, ha dato inizio a un sodalizio artistico tra cineasta e scenografo che ha già prodotto altri sette titoli e continua ancora adesso. I costumi di Gabriella Pescucci, premiati con l’Oscar, non sono semplice cornice d’ambiente, ma assumono valenza di espressione esteriore dei sentimenti. In questo senso è bellissimo intercettare il viaggio interiore dei due principali personaggi femminili attraverso i colori: dall’ingenuità del bianco puro all’ambiguità del viola per May, dal rosso della passione alla sobrietà di nero e crema per Ellen.
Come solo i grandi Maestri sanno fare Scorsese dissemina il film di messaggi impliciti, che comunicano a un livello inconscio gli stati d’animo dei personaggi: ecco allora Newland, interpretato da Daniel Day Lewis, inquadrato spesso con dei ceri a dare il senso della sua morte interiore, ancor più evidente nella sequenza a casa van der Luyden durante il dialogo con Madame Olenska, una straordinaria Michelle Pfeiffer, in cui la vitalità di fiori coloratissimi vicino a lei si contrappone alla valenza funerea delle candele a fianco a lui. Nello stesso modo il suo incontro successivo con May, una Winona Ryder vincitrice del Golden Globe per questo ruolo, ha luogo tra uccelli esotici segregati in grandi gabbie.
Elegante fin dalla raffinata sequenza dei titoli di testa – che fra trine e sbocciare floreale porta la firma prestigiosa di Saul & Elaine Bass2 – L’età dell’innocenza utilizza ogni stratagemma possibile per dare forma visiva alle atmosfere del romanzo. Dissolvenze su rosso o giallo che inondano di colore lo schermo, utilizzo originale delle luci a isolare l’intimità di personaggi chiusi nei loro pensieri, parole vergate a mano su lettere in sovraimpressione; tutti oggetti non convenzionali che rendono sublime il fluire del montaggio firmato da Thelma Schoonmaker, storica collaboratrice al fianco di Martin Scorsese fin dall’esordio di Chi sta bussando alla mia porta (1967), che ha richiesto un intero anno di lavoro.
Per dare anche ai personaggi secondari tutta l’autorevolezza necessaria a mettere in scena figure abituate a dominare il loro mondo, sono stati scelti grandi attori anche per i ruoli più piccoli: Geraldine Chaplin è l’austera madre di May, Jonathan Pryce è monsieur Rivière inviato dall’Europa del conte Olenski, Alec McCowen è il subdolo pettegolo Sillerton Jackson, Siân Phillips è la madre di Newland, un’indimenticabile Miriam Margolyes veste i panni della matriarca Caterina Manson Mingott, un giovane Richard E. Grant è il meschino Larry Lefferts, la grande Joanne Woodward – nella versione originale – offre la sua classe alla voce narrante incaricata di illustrare complessi rituali sociali e la lista potrebbe continuare ancora a lungo.
Quando L’età dell’innocenza arrivò sugli schermi alcuni, incapaci di andare oltre la superficie, videro il film come un cambiamento di rotta rispetto ai temi abituali del Cinema di Martin Scorsese, ma la violenza psicologica dell’alta società non è meno crudele di quella fisica della malavita. In un passaggio illuminante del romanzo Edith Wharton scrive: “Era il vecchio sistema di New York: privare la vittima della vita «senza spargimento di sangue», il sistema della gente che teme gli scandali più delle malattie, che pone il rispetto delle forme più in alto del coraggio e che nulla giudica più sconveniente di una «scenata», salvo, naturalmente, il provocarla.”
Candidato soltanto a cinque premi Oscar – quell’anno erano in gara pezzi da novanta come Schindler’s list di Steven Spielberg e Lezioni di piano di Jane Campion – tra cui quello per la struggente colonna sonora di Elmer Bernstein, per la sceneggiatura non originale e per la miglior attrice non protagonista Winona Ryder, L’età dell’innocenza al di là dell’esiguo palmares è sempre uno spettacolo di alto livello, la miglior traduzione visiva possibile delle pagine vibranti di Edith Wharton. Un’opera d’arte immune al passare del tempo, da vedere e rivedere.
Dettagli
Note
1 Edith Newbold Jones nacque a New York il 24 gennaio 1862 da un’antica e ricca famiglia che, in seguito a difficoltà finanziarie, si trasferì in Europa quando la bimba aveva solo quattro anni; istruita a casa con lezioni private senza mai frequentare alcun istituto, Edith impara anche l’italiano, il francese e il tedesco. Nel 1885 sposa controvoglia il banchiere Edward Wharton, amico di suo fratello, che ben presto inizia a mostrare segni di squilibrio mentale. Indipendente e anticonformista, la scrittrice abbandonò il marito e nel 1906 si trasferì definitivamente in Francia, continuando però a viaggiare visitando anche luoghi proibiti alle donne, come il sito monastico del monte Athos in Grecia o l’interno di un harem in Marocco. Fece amicizia con Henry James che la incitò a coltivare l’attività letteraria e mantenne il nome del marito anche dopo il divorzio, diventando famosa come Edith Wharton.
2 Saul Bass, grafico pubblicitario newyorkese, ha trasformato in arte i titoli di testa per opere destinate a entrare nella Storia del Cinema, ha collaborato con cineasti del calibro di Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, Billy Wilder e Otto Preminger; suo anche lo storyboard della celebre sequenza dell’omicidio sotto la doccia di Psyco. La sequenza per i titoli d’apertura de L’età dell’innocenza è firmata insieme alla moglie Elaine, sua stretta collaboratrice degli ultimi anni.
Didascalie immagini
- Locandina italiana
- Winona Ryder è May Welland / Daniel Day Lewis è Newland Archer / Michelle Pfeiffer è Ellen Olenska
- La sontuosa ricostruzione d’ambiente, curata nei minimi dettagli
- Una rete nascosta di regole e convenzioni imprigiona i sentimenti
- Newland tra i ceri di un’ideale camera ardente / I fiori colorati di Ellen in contrapposizione alle candele
- I meravigliosi titoli di testa / Dissolvenze colorate / Uso delle luci strumentale alla narrazione / Frammenti di lettere sullo schermo
- Miriam Margolyes è la matriarca della famiglia Manson Mingott / Geraldine Chaplin è la madre di May / Stuart Wilson è Julius Beaufort / Jonathan Pryce è monsieur Rivière / Siân Phillips è la madre di Newland
- Martin Scorsese sul set con i suoi attori / Più di centonovanta quadri sono stati realizzati per il film
© 1993 Columbia Pictures Industries, Inc.
IN COPERTINA
Daniel Day Lewis e Winona Ryder sono Newland Archer e May Welland
© 1993 Columbia Pictures Industries, Inc.
SCHEDA FILM
- Titolo originale: The age of innocence
- Regia: Martin Scorsese
- Con: Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer, Winona Ryder, Richard E. Grant, Alec McCowen, Geraldine Chaplin, Mary Beth Hurt, Stuart Wilson, Miriam Margolyes, Siân Phillips, Carolyn Farina, Michael Gough, Alexis Smith, Jonathan Pryce, Robert Sean Leonard, Norman Lloyd, W.B. Brydon, Tracey Ellis, Cristina Pronzati, Linda Faye Farkas, Michael Rees Davis, Terry Cook, Jon Garrison, John McLoughlin, Christopher Nilsson, Howard Erskine, Kevin Sanders, Clement Fowler, Cindy Katz, Thomas Gibson, June Squibb, Domenica Scorsese, Mac Orange, Brian Davies, Thomas Barbour, Henry Fehren, Patricia Dunnock, Joanne Woodward
- Soggetto: Edith Wharton dal suo romanzo omonimo
- Sceneggiatura: Jay Cocks, Martin Scorsese
- Fotografia: Michael Ballhaus
- Musica: Elmer Bernstein
- Montaggio: Thelma Shoonmaker
- Scenografia: Dante Ferretti
- Costumi: Gabriella Pescucci
- Produzione: Barbara De Fina e Bruce S. Pustin in associazione con Joseph Reidy per Cappa Production e Columbia Pictures Corporation
- Genere: Drammatico
- Origine: USA, 1993
- Durata: 132' minuti