Candidato all’Oscar come miglior film internazionale in rappresentanza della Germania, adesso finalmente La sala professori di İlker Çatak è arrivato anche sugli schermi italiani distribuito da Lucky Red. Scritta a quattro mani dal cineasta tedesco di origini turche, insieme al sodale Johannes Duncker già suo compagno sui banchi di scuola, la sceneggiatura originale ha trovato germoglio nel ricordo di una situazione incresciosa vissuta realmente dai due, riprodotta sullo schermo nei primi minuti del film.
In una scuola media si stanno verificando ripetuti furti nella sala professori, la sequenza iniziale ci introduce a un consiglio d’istituto in cui il corpo insegnante spinge i rappresentanti di classe – gli alunni Jenny e Lukas – a fare un cenno di assenso con la testa, in caso abbiano indizi su qualcuno, mentre il professor Thomas Liebenwerda fa scorrere la matita sui nomi del registro; tentando di salvare così le apparenze di una vera e propria, disdicevole quanto ridicola, induzione alla delazione. In seguito la lezione della professoressa Carla Nowak è interrotta dalla preside, senza che l’insegnante ne fosse stata messa al corrente in via preventiva, che con altri due insegnanti invita le ragazze a uscire dall’aula, intimando poi a tutti i maschi di porre il proprio portafogli sul banco, per quella che viene definita una “perquisizione volontaria”; questo il ricordo reale che ha fatto da scintilla al lavoro di scrittura. Vera protagonista della storia, la giovane professoressa Nowak, inesperta e al primo incarico di ruolo, vista l’inconcludenza dei risultati ottenuti dalle indagini, decide di lasciare incustodita la sua giacca con il denaro nella tasca come esca per tendere una trappola al ladro e tentarne l’identificazione. Un’iniziativa che innescherà tutta una serie di imprevedibili reazioni a catena, da cui nessuno uscirà illeso.
Girato a Amburgo in una ex accademia teatrale, al film deliberatamente non sono state date precise collocazioni di luogo e di tempo, per rappresentare l’immobilità strutturale delle istituzioni scolastiche come elemento costitutivo di base della società; in questo senso La sala professori è il ritratto di un sistema educativo, impostato alla repressione, in cui l’ipocrisia del ‘politicamente corretto’ dilagante, non può nascondere inadeguatezza e incapacità di tutte istituzioni coinvolte.
L’accurato lavoro di selezione dei ragazzi ha creato un gruppo affiatato in cui ognuno ha una sua propria individualità, indipendente dall’importanza del ruolo, che insieme al girare senza preoccuparsi di microfoni e luci già nascosti sul set in precedenza, crea il forte senso di verità che pervade il film. Al centro Leonie Benesch – per questo ruolo candidata all’EFA – è straordinaria nel dare forma all’idealismo e alle buone intenzioni, foriere di disastri, della professoressa Carla Nowak.
L’atteggiamento inquisitorio dell’istituto – ipocrita e ricattatorio con l’assioma: “se non hai niente da nascondere…” non c’è nulla di cui preoccuparsi – trova ferma opposizione nel personaggio di Oskar, interpretato con estrema bravura dall’esordiente Leonard Stettnisch, figlio di Michael Klammer che ricopre il ruolo del professor Thomas Liebenwerda. Menzione speciale a Eva Löbau, che sa dare alla signorina Kuhn della segreteria un misto di arroganza e vulnerabilità sorprendente.
La sala professori di İlker Çatak è un’opera potente, che lascia alcune risposte inevase in un’ambiguità utile a molteplici riflessioni, con l’ultima magnifica immagine che è un invito alla resistenza e a non lasciarsi schiacciare dal sistema. Anche se l’Italia è in competizione con il discreto Io capitano di Matteo Garrone, non sarebbe un dispiacere se l’Oscar andasse a questa bella Emozione Visiva tedesca.