Il Capitano Volkonogov è fuggito sarebbe in italiano il titolo originale del più bel film – insieme a Il potere del cane di Jane Campion – presentato in concorso a Venezia 78; adesso, dopo tre anni di attesa, il terzo lungometraggio cinematografico della coppia di cineasti russi Natasha Merkulova e Aleksey Chupov è finalmente disponibile per il pubblico italiano, sotto un titolo senza senso come La lista di Stalin e, purtroppo, buttato direttamente in piattaforma senza il passaggio su grande schermo che avrebbe ampiamente meritato.
Leningrado 1938, le forze speciali del Servizio di Sicurezza Nazionale – la polizia politica di Stalin – svolgono il loro compito quotidiano tra goliardia ludica e cameratismo, alimentato da attività ‘patriottiche’ di canto e ballo tradizionali, con l’adozione di ‘metodi speciali’ di interrogatorio per quei soggetti poco inclini a una completa confessione. Il Capitano Fëdor Volkonogov vede la sua vita cambiare radicalmente il giorno in cui, alle otto del mattino proprio davanti all’ingresso del palazzo dove ha il suo ufficio, è testimone del suicidio di un collega – il Maggiore Gvozdev – e i vertici del Corpo gli fanno cenno di non fare parola dell’accaduto. Mentre i suoi compagni, uno ad uno, vengono convocati per una non meglio precisata ‘rivalutazione’ lui rimane solo nella stanza con il compagno Veretennikov, ma sente crescere la tensione per un clima ostile amplificato da un inedito senso di sempre più forte precarietà; non ha alcuna idea di cosa stia succedendo, ma il suo istinto gli suggerisce di andarsene e con un pretesto lascia velocemente l’edificio. Non sono state formulate accuse contro il Capitano Volkonogov, è mancato il tempo per sottoporlo a interrogatorio, ma nella logica delle consuete attività non è indispensabile la contestazione di una colpa; il regime, nel suo bisogno di simulare la legalità di uno stato di diritto, saprà poi trovarla per lui.

Coppia nella vita oltre che nel lavoro, Natasha Merkulova e Aleksey Chupov hanno un collaudato metodo di procedere nella creazione dei loro film, sempre frutto di materiale originale: mentre lui costruisce la sceneggiatura, poi discussa e modificata insieme, sul set è lei a prendere il comando coordinando il lavoro di tutti. In questo caso l’estone Mart Taniel, sodale autore della fotografia in tutti e tre i loro film, nel tradurre visivamente il testo sullo schermo ha dato un contributo riconosciuto anche nei crediti.

Il film, lungi dal voler essere ricostruzione storica d’epoca – anacronismi tra costumi e scenografie, con opere delle Avanguardie riprodotte sui muri della città – crea l’universo immaginario che in ambienti fatiscenti dà forma a una realtà oppressiva; allo stesso modo, fin dai primi dialoghi con il racconto di una percezione del male, si apre alla rivelazione dell’esistenza di qualcosa oltre il tangibile, che trova conferma nell’apparizione, in stile Charles Dickens, destinata a tracciare la rotta.

Apologo sulla natura perversa del Potere – il colloquio tra Fëdor e Gvozdev ne è un’illuminante, lucida analisi – il film annovera grandi interpretazioni anche in tutti i ruoli minori, capaci di infondere vita a questa storia di ricerca della redenzione, intrisa di un sentimento religioso inespresso che è nell’ordine delle cose e lo lega alla miglior tradizione letteraria russa. Nei panni del protagonista Yuriy Borisov è straordinario, comunica con lo sguardo ogni sfumatura lungo il percorso del suo personaggio.

L’attore moscovita in ascesa – è anche nel cast di Anora, recente Palma d’Oro a Cannes – molto semplicemente ha sintetizzato il suo personaggio con una metafora dicendo: “è un lupo che si trasforma in lepre!” Altre sorprendenti prove attoriali degne di nota: Timofey Tribuntsev, nel ruolo dell’inseguitore Valery Golovnya con il procedere della sua malattia incarna il marcire del Sistema, Nikita Kukushkin è un Veretennikov spietato, ma non privo di fragilità, Aleksandr Yatsenko è un freddo lucido Gvozdev.

Secondaria soltanto in termini quantitativi, la presenza femminile è determinante nel portare sullo schermo tutta una serie di emozioni e debolezze di gente plagiata dall’ideologia: la cieca fiducia nell’autorità dominante – metterla in dubbio implicherebbe sovvertire integralmente la propria visione del mondo – che spinge in buona fede alla delazione, l’opportunismo che tenta di approfittare della disgrazia altrui senza por tempo in mezzo, ma anche la rabbia nel dolore o alti, nobili sentimenti, come solidarietà e perdono.

Nel raccontare una storia che fonde abilmente i canoni di genere col Cinema d’autore per assumere valore universale, La lista di Stalin di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov mette in risalto un’ingiustizia ancora disgraziatamente tanto attuale: tra le vittime nel film si racconta di un uomo messo a morte solo per una precisa nazionalità straniera. Sarebbe davvero bellissimo vedere revocata la – mai dichiarata – messa al bando della cinematografia russa, che l’ha epurata dai programmi dei festival europei, come dalle candidature agli EFA in cui la geografia ‘creativa’ in auge ritiene Israele parte del Vecchio Continente, ma la Russia no. Speriamo di poter vedere presto da noi anche Ovveride, il nuovo thriller della coppia Merkulova/Chupov.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. Le forze speciali del Servizio di Sicurezza Nazionale, tra balli tradizionali e ‘metodi speciali’ di interrogatorio
  3. Una Leningrado 1938 a metà tra realtà dell’epoca e fantasia
  4. Opere pittoriche delle Avanguardie come murales e spinta al trascendente
  5. Yuriy Borisov è il Capitano Fëdor Volkonogov
  6. Timofey Tribuntsev è Valery Golovnya / Aleksandr Yatsenko è il Maggiore Gvozdev / Nikita Kukushkin è Veretennikov
  7. Gli straordinari personaggi femminili, indispensabili alla creazione del quadro generale
  8. Natasha Merkulova e Aleksey Chupov, tra i loro attori Timofey Tribuntsev e Yuriy Borisov, alla 78ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica La Biennale di Venezia
    © 2021 Look Film / Homeless Bob / Kinovista

IN COPERTINA

Il Capitano Fëdor Volkonogov in fuga
© 2021 Look Film / Homeless Bob / Kinovista

courtesy Ufficio stampa I wonder pictures

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: Kapitan Volkonogov bezhal
  • Regia: Natasha Merkulova, Aleksey Chupov
  • Con: Yuriy Borisov, Timofey Tribuntsev, Nikita Kukushkin, Aleksandr Yatsenko, Natalya Kudryashova, Viktoriya Tolstoganova, Anastasiya Ukulova, Vitaliya Kornienko, Yuriy Kuznetsov, Maksim Stoyanov, Vladimir Epifantsev, Dmitry Podnozov, Igor Savochkin, Polina Vitorgan, Alexander Shein, Natalya Volkova, Natalya Iokhvidova, Nikolay Shrayber, Mikhail Khuranov, Askar Nigamedzyanov, Kirill Vasiliev, Zoya Kaydanovskaya, Tatiana Stadnitskaya, Anna Kastelianos, Maksim Yakovlev, Ivan Reshetnyak, Aleksandr Bogatyrev, Evgeniy Sannikov, Ivan Ivashov, Igor Kuzmin, Roman Glebov, Maksim Kopeykin, Kirill Bukin, Evgeniy Antonov, Pavel Sergienko, Georgiy Marishin, Tatyana Polonskaya, Evgeniy Voloshin, Aleksandr Kabanov, Anatoliy Kondyuboy, Elena Popova, Makar Troshin
  • Sceneggiatura: Aleksey Chupov e Natasha Merkulova in collaborazione con Mart Taniel
  • Fotografia: Mart Taniel
  • Musica: Elena Stroganova, Matis Rei
  • Montaggio: François Gédigier
  • Scenografia: Sergey Fevralev
  • Costumi: Nadezhda Vasileva
  • Produzione: Valeriy Fedorovich, Evgeniy Nikishov e Alexander Plotnikov in coproduzione con Katrin Kissa, Charles-Evrard Tchekhoff e Nadiia Zaionchkovska in associazione con Arina Peredelskaia per Place of Power e Lukfilm Studiya in coproduzione con Homeless Bob Production e Kinovista con il sostegno del Ministero della Cultura della Federazione Russa, Kinoprime, Eurimage, Estonian Film Institute, Eesti Kultuurkapital e Aide aux Cinémas du Monde
  • Genere: Capolavoro
  • Origine: Russia / Estonia / Francia, 2021
  • Durata: 126′ minuti