Dopo la parentesi americana di The contractor, a cinque anni dal bellissimo Omicidio al Cairo il cineasta svedese Tarik Saleh – nato a Stoccolma, madre svedese, padre egiziano – torna a indagare quel mondo islamico cui appartengono indissolubilmente le sue radici culturali e con La cospirazione del Cairo – a Cannes col più poetico titolo internazionale Boy from Heaven – ci regala un thriller affascinante sulla natura del Potere, teso e pieno di imprevedibili colpi di scena, che non a caso sulla croisette ha vinto il premio alla miglior sceneggiatura.
Egitto. Il giovane Adam, figlio di un pescatore, vive lavorando col padre e due fratelli minori in uno sperduto villaggio a nord del Paese. Le sue giornate sono scandite dalle uscite in mare, quando al mattino il cielo è ancora scuro, e dallo studio delle sacre scritture con l’imam della moschea locale.
Un giorno proprio il suo maestro gli consegna la lettera di ammissione alla prestigiosa università Al-Azhar del Cairo, per Adam è il coronamento di un sogno, l’istruzione che la sua defunta madre ha sempre voluto per lui, ma sottomesso al volere paterno teme un’opposizione dettata dalla necessità del suo contributo al sostentamento della famiglia.
Nella sua severa semplicità il padre scorge in questa opportunità il volere di Dio, benedicendo la partenza del figlio e il suo ingresso in quell’antico tempio che forgia portatori di Conoscenza; un luogo però che è anche epicentro del potere nell’Islam sunnita. L’arrivo di Adam coincide con la morte improvvisa del Grande Imam, autorità suprema paragonabile al pontefice cattolico, che mette in moto una lotta segreta per la successione, con ufficiali della Sicurezza di Stato che tramano per affermare l’elezione di un candidato gradito al potere politico. Il giovane figlio di pescatori si troverà suo malgrado coinvolto in un groviglio di intrighi nascosti, costretto a mutare il suo sguardo ingenuo e innocente sul mondo, per non farsi strumentalizzare o schiacciare dagli ingranaggi di una lotta intestina che non gli appartiene. Sopravvivere sarà l’imperativo movente di ogni sua azione.
Rileggendo il capolavoro di Umberto Eco Il nome della rosa il regista Tarik Saleh si è chiesto come sarebbe stato un racconto analogo ambientato nell’Islam, la consapevolezza dei rischi insiti in un’idea del genere non gli ha permesso di eliminare quel tarlo dalla mente; unendo a questa sua intuizione il ricordo del nonno, nato in un paesino sul delta del Nilo e ammesso a studiare, primo del suo villaggio, alla grande Al-Azhar ecco che il personaggio del giovane Adam ha preso forma.
L’attore israelo-palestinese Tawfeek Barhom, che in Italia abbiamo visto protagonista di The idol di Hany Abu-assad, è straordinario nel dare vita e credibilità al disorientamento di Adam gettato tra i lupi, con una fragilità pronta a diventare arma perché spinge tutti quanti a sottovalutarlo. Per la quarta volta diretto da Tarik Saleh, il libanese Fares Fares è il colonnello Ibrahim dei Servizi di Stato che coinvolge Adam nelle sue trame, salvo poi sviluppare un incauto senso di paternità.
Da quando le riprese di Omicidio al Cairo furono interrotte dalle autorità egiziane nel 2015, che percepivano il film come un attacco contro la polizia, e la squadra di tecnici e attori fu obbligata a lasciare il Paese, il nome di Tarik Saleh è inserito in una lista di indesiderabili e non può mettere piede in Egitto senza essere arrestato. Per questo La cospirazione del Cairo è stato girato a Istanbul, con la splendida moschea di Süleymaniye il Magnifico a “interpretare” Al-Azhar del Cairo.
Avvincente e imprevedibile, con notevoli ribaltamenti narrativi che animano il racconto, adesso La cospirazione del Cairo di Tarik Saleh è finalmente disponibile nelle sale italiane distribuito da Movies Inspired in collaborazione con Bim Distribuzione.