
Al terzo lungometraggio per il cinema il cineasta parigino Mathieu Vadepied porta finalmente sullo schermo un progetto a lungo desiderato e con Io sono tuo padre, scelto come film d’apertura nella sezione Un Certain Regard alla 75ª edizione del Festival di Cannes, illumina un capitolo della storia a lungo deliberatamente trascurato e occultato, dalla letteratura come dal cinema, fino ad oggi.
Quando la Francia aveva ancora un impero coloniale venne creato il primo battaglione di soldati senegalesi, era il 1857, e sotto questo nome furono arruolati con la forza giovani non solo dal Senegal, ma anche dal Maghreb e da tutta l’Africa sub-sahariana, costretti ad andare incontro alla morte sui campi di battaglia di uno Stato cui sentivano di non appartenere; solo nella Prima Guerra Mondiale furono duecentomila gli uomini chiamati a combattere, trentamila non fecero mai ritorno a casa, gran parte degli altri rimasero mutilati o gravemente feriti.
Senegal 1917, il diciassettenne Thierno Diallo è tra i giovani africani costretti dalle autorità coloniali a vestire l’uniforme per andare a combattere al fronte nel Nord della Francia; suo padre Bakary si presenta volontariamente al distretto militare, riuscendo a farsi assegnare alla stessa divisione del figlio, con l’intento di seguirlo in Europa, nel tentativo di perpetuare la protezione attuata al villaggio nei confronti di tutta la sua famiglia, riportandolo indietro sano e salvo.
Di etnia fulani – parola che in tutte le diverse accezioni, delle varie zone del continente africano, significa sempre “liberi” – il padre non comprende la lingua francese, mentre il figlio l’ha imparata da piccolo, nella scuola istituita dall’invasore colonialista, e sembra subire il fascino di certa retorica militare che esalta l’eroismo e il cameratismo. Ideologia tossica che ha inevitabilmente presa su un ragazzo, che sogna per sé una vita diversa da quella dei suoi avi, spingendolo a credere la guerra una grande avventura.

Il regista Mathieu Vadepied nel 1998 rimase colpito dalla notizia della morte dell’ultimo soldato del battaglione senegalese Abdoulaye Ndiaye, scomparso a centoquattro anni senza ricevere la Legione d’Onore con cui sarebbe stato insignito proprio quel giorno, e si è domandato: e se le spoglie del milite ignoto fossero di un africano? Da questa suggestione è partita una ricerca, con la costatazione dell’estrema scarsità di fonti disponibili, per raccontare un sacrificio rimosso e dimenticato.

Il contributo di vite dato dal popolo africano per liberare l’Europa dai nazisti è riscontrabile nei cimiteri, sull’isola d’Elba ad esempio vi sono molte tombe dei caduti nella Seconda Guerra Mondiale, ma nella memoria collettiva resta solo lo stupro narrato ne La ciociara di Alberto Moravia, una colpevole mancanza a cui questo film tenta di porre rimedio; Mathieu Vadepied e il sodale Olivier Demangel hanno impiegato sei anni a scriverne la sceneggiatura originale.

Omar Sy proprio sul set di Quasi amici di Olivier Nakache e Éric Toledano – che gli ha dato fama mondiale – ha fatto amicizia con Mathieu Vadepied, che ne era il direttore della fotografia, e ha seguito da allora la genesi del progetto. Nel ruolo del padre incarna un uomo smarrito lontano dalla sua terra, isolato dalla barriera linguistica generata dal parlare solo Fulani, situazione che comporta un’interpretazione sottotono, perciò inedita, rispetto alla simpatica esuberanza per cui è noto.

Dopo l’anteprima italiana nel programma della 14ª edizione del France Odeon di Firenze, adesso Io sono tuo padre di Mathieu Vadepied sarà finalmente nelle sale italiane dal prossimo 24 agosto distribuito da Minerva Pictures.