Il Rinascimento italiano viene di norma rappresentato in una versione oleografica, ripulita da ogni asprezza dell’epoca, che ben poco ha a che fare con la realtà storica, un’immagine laccata e scintillante spacciata a beneficio del turismo anche attraverso terribili operazioni commerciali come l’infima serie tv dedicata alla famiglia Medici.
A infrangere la menzogna di questa cartolina edulcorata è arrivato sugli schermi il nuovo film di Andrei Konchalovsky dedicato al genio italiano più grande dell’epoca; lontano da intenti agiografici come dai canoni classici del film biografico, con Il peccato – il furore di Michelangelo il cineasta russo restituisce un ritratto sporco e per certi versi sgradevole dell’uomo, con tutte le sue molteplici contraddizioni, nascosto dietro la sublime bellezza delle sue anime di marmo. 
Ecco perciò che non viene mostrato l’eccelso scultore all’opera come ci si potrebbe aspettare, ma relazioni e situazioni storiche documentate che mettono in rilievo il carattere selvatico di Michelangelo Buonarroti, avaro e rancoroso, ricchissimo eppur dedito a uno stile di vita prossimo all’indigenza, desunto dallo studio del suo epistolario e delle sue poesie che delineano un’anima tormentata in lotta perenne col mondo, perché in lotta soprattutto con se stesso.

Il peccato – il furore di Michelangelo concentra la narrazione attorno al 1513, anno determinante che segna la morte di Giulio II – che aveva costretto lo ‘scultore’ Michelangelo a impegnare quattro anni di vita per affrescare la volta della Cappella Sistina – e l’ascesa al soglio pontificio del successore Leone X, amplificando lo scontro tra le famiglie Della Rovere, cui apparteneva il defunto pontefice, e quella dei Medici che dette i natali al nuovo papa, decise a contendersi il potere.

In questo contesto l’artista si muove tra la devozione alla memoria di Lorenzo il Magnifico, alla corte del quale iniziò la sua formazione, e l’impegno verso i Della Rovere che esigono la realizzazione di un sepolcro imponente per Giulio II. Michelangelo fu il primo a recarsi personalmente a scegliere il marmo nelle cave di Carrara, dove trascorse lunghi mesi, e i cavatori sono protagonisti al suo fianco in questo film che ha il merito di illustrare il lavoro duro e pericoloso all’interno della cava.

È soprattutto questo il pregio dell’opera di Konchalovsky, frutto di una gestazione durata otto anni, quello di produrre una rappresentazione realistica del Cinquecento che per le sue asperità risulta poco conciliante e in cui la figura di Michelangelo è centrale, ma non preponderante. Il peccato – il furore di Michelangelo è una dichiarazione d’amore per l’arte e la cultura italiana, che il regista nutre da quando giunse la prima volta a Venezia nel 1962, attore per Andrej Tarkovskij in L’infanzia di Ivan.

Sul piano cinematografico il film rappresenta anche un omaggio al Neorealismo italiano e alla figura di Pier Paolo Pasolini, che in qualche modo ha contribuito alla genesi del progetto quando, dopo anni di ricerche del volto giusto per incarnare Michelangelo, di paese in paese tra Toscana e alto Lazio, il regista – pensando alla somiglianza di un viso scavato, tra il Buonarroti e Pasolini – si è ricordato di Alberto Testone, protagonista in Pasolini, la verità nascosta di Federico Bruno.

Inseguendo l’ossessiva ricerca di verità il film, coproduzione italo-russa che rinnova gli stretti legami tra i due Paesi, è stato girato in italiano con forti inflessioni dialettali che rendono a tratti impegnativa la comprensione. Come nella tradizione del nostro miglior cinema buona parte del cast comprende non professionisti presi dalla strada, come i venticinque cavatori reduci da complesse selezioni che portano sui loro volti la realtà e la durezza del lavoro di estrazione del marmo.

Il peccato – il furore di Michelangelo di Andrei Konchalovsky è un ritratto interiore dell’uomo che non tenta nemmeno di affrontare la figura gigantesca dell’artista, un’indagine introspettiva con Dante – tanto amato dal Buonarroti – a incarnare un flusso di pensiero. Ardito, ma molto interessante.

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. L’immagine di apertura sulla campagna toscana / Alberto Testone è Michelangelo
  3. Sotto la volta della Cappella Sistina / Il Mosè nella bottega del Buonarroti
  4. Il lavoro dei cavatori di Carrara per l’estrazione del marmo
  5. Michelangelo: uomo difficile artista sublime
  6. L’artista a servizio di figure spesso indegne dei loro abiti
  7. I cavatori leggono i sonetti erotici dell’Aretino / Andrei Konchalovsky  al lavoro sul set

© 2019 Andrei Konchalovsky Studios / Jean Vigo Italia

IN COPERTINA
Alberto Testone è Michelangelo per Andrei Konchalovsky
© 2019 Andrei Konchalovsky Studios / Jean Vigo Italia

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: Il peccato
  • Regia: Andrei Konchalovsky
  • Con: Alberto Testone, Jakob Diehl, Francesco Gaudiello, Federico Vanni, Glenn Blackhall, Orso Maria Guerrini, Anita Pititto, Antonio Gargiulo, Massimo De Francovich, Simone Toffanin, Yuliya Vysotskaya, Adriano Chiaramida, Riccardo Landi, Nicola De Paola, Alessandro Pezzali, Nicola Adobati, Roberto Serpi, Salvatore Pulzella
  • Sceneggiatura: Andrei Konchalovsky, Elena Kiseleva
  • Fotografia: Aleksander Simonov
  • Arrangiamenti musiche: Edward Artemyev
  • Montaggio: Sergey Taraskin, Karolina Maciejewska
  • Scenografia: Maurizio Sabatini
  • Costumi: Dmitry Andreev
  • Produzione: Alisher Usmanov, Andrei Konchalovsky e Elda Ferri per Andrei Konchalovsky Studios, Jean Vigo Italia e Rai Cinema con il sostegno del programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema
  • Genere: Storico
  • Origine: Russia / Italia, 2019
  • Durata: 134′ minuti