Compie ottant’anni uno dei capolavori immortali di Charlie Chaplin – Il grande dittatore – che fece il suo esordio sugli schermi del Capitol Theatre e dell’Astor Theatre di New York il 15 ottobre 1940, in una serata di gala a cui erano presenti i nomi più famosi del cinema di allora.
Un’opera apprezzata ancora oggi per la raffinatezza con cui varia il suo registro dalla comicità al dramma, ma che soprattutto rappresentò una forte e coraggiosa presa di posizione politica contro l’avanzare di Adolf Hitler, che all’apice del suo potere aveva già invaso la Polonia innescando il secondo conflitto mondiale; nel terrore che incuteva al mondo intero, soltanto Chaplin poteva immaginare d’indirizzargli un tale sberleffo.
Con la forza eversiva della parodia il cineasta inglese mise in ridicolo il führer attraverso la figura caricaturale del dittatore Adenoid Hynkel di Tomania e, da attento osservatore della politica internazionale qual era, riservò un ritratto ridicolo anche per il duce italiano incarnato da un grande Jack Oakie nel ruolo di Benzino Napoloni dittatore di Batalia; scelta lungimirante se si pensa che nei giorni in cui venivano ultimate le riprese del film dal balcone di piazza Venezia, quel 10 giugno 1940, un esaltato Benito Mussolini gettava l’Italia nella tragica impresa bellica per assecondare insulse aspirazioni imperialiste, nella convinzione che la guerra fosse già vinta dall’alleato germanico.

Dopo la fine delle ostilità Chaplin dichiarò che se avesse conosciuto allora l’orrore dell’Olocausto di certo non avrebbe potuto scherzare sul regime del Terzo Reich, ma l’attacco frontale all’arroganza nazista da parte dell’uomo forse più amato dell’epoca – accolto da folle oceaniche anche a Berlino nel 1931 – fece ancora più rumore, perché si levò nel silenzio colpevole dei governi e dei produttori di Hollywood che, impauriti o simpatizzanti, preferivano ignorare il despota tedesco.

L’incipit al fronte vede il piccolo barbiere ebreo interpretato da Chaplin, ultima apparizione sullo schermo del personaggio di Charlot, addetto alla fune di un gigantesco cannone – ‘la Grande Berta’ – che con la comicità getta alle ortiche ogni retorica militare per mostrare l’insensatezza della guerra, poi l’ascesa di Hynkel sotto l’emblema delle croci accoppiate mette alla berlina un dittatore ottuso e narcisista, che gioca con le sorti del mondo in una sequenza leggendaria ormai passata alla Storia.

Sul finale una prima versione voleva soldati schierati che si davano alle danze, fu perfino girata con centinaia di comparse, ma poi l’invasione della Francia da parte della Wehrmacht spinse Chaplin a scrivere un accorato messaggio di pace universale; il climax della conclusione, raggiunto con perizia gradualmente, abbandonando le risate per toni più solenni, affida al cineasta stesso spogliato di ogni maschera un’invocazione rivolta all’umanità intera per la fratellanza tra i popoli.

Questo discorso di Charlie Chaplin ancora celebre per il valore, giudicato da alcuni di tono troppo romantico, di richiamo a operare per la costruzione di un mondo migliore, è stato di recente utilizzato per la pubblicità di un caffè; in un’era in cui l’ignoranza è caratteristica di cui non avere vergogna, la mercificazione indiscriminata di frammenti decontestualizzati da opere d’arte ne mina il profilo etico, è corrosiva della cultura stessa e pericoloso contributo alla demolizione di ogni principio.

Il vuoto di valori che si crea con la banalizzazione qualunquista del pensiero diventa terreno fertile per una nascita di un fascismo populista, lo stesso che Charles Chaplin ha combattuto per tutta la sua vita e che consolidato nel maccartismo lo ha costretto ad abbandonare per sempre gli Stati Uniti. Il grande dittatore fu un successo immediato, i rischi dell’autore furono ricompensati anche sul piano economico nonostante la pellicola fosse bandita in Europa, ed è in assoluto il suo incasso migliore.

Prodotto da Chaplin stesso con la più completa libertà creativa, Il grande dittatore è ancora oggi un film utile a demolire il fascino perverso delle figure di Hitler e Mussolini, purtroppo capaci nonostante tutto di alimentare miti malsani, e giunse in un’Italia liberata solo il 25 giugno 1945.

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. Charlot soldato addetto alla fune del cannone / Adenoid Hynkel / Jack Oakie è il duce Benzino Napoloni di Batalia
  3. Il lato nostalgico del dittatore / Le camicie grigie tentano d’impiccare il barbiere ebreo / Il talento oratorio di Hynkel
  4. La sequenza ormai entrata nel mito del dittatore che gioca con le sorti del mondo
  5. Ultima volta di Charlot sullo schermo e ultima collaborazione con Chaplin di Paulette Goddard
  6. L’epico accorato discorso finale e l’ironia del film
  7. La parodia caustica che rende ridicole certe icone negative

© 1940 Charles Chaplin Film Corporation

IN COPERTINA
Charles Chaplin è il dittatore Adenoid Hynkel di Tomania
© 1940 Charles Chaplin Film Corporation

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: The great dictator
  • Regia: Charles Chaplin
  • Con: Charles Chaplin, Paulette Goddard, Jack Oakie, Reginald Gardiner, Henry Daniell, Billy Gilbert, Grace Hayle, Carter De Haven, Maurice Moscovich, Emma Dunn, Bernard Corcey, Paul Weigel, Chester Conklin, Esther Michelson, Hank Mann, Florence Wright, Eddie Gribbon, Robert O. Davis, Eddie Dunn, Nita Pike, Peter Lynn,
  • Sceneggiatura: Charles Chaplin
  • Fotografia: Karl Struss, Roland Totheroh
  • Musica: Charles Chaplin, Meredith Willson
  • Montaggio: Willard Nico
  • Scenografia: J. Russell Spencer
  • Costumi: Winifred Ritchie con la supervisione di Ted Tetrick
  • Produzione: Charles Chaplin Film Corporation
  • Genere: Capolavoro
  • Origine: USA, 1940
  • Durata: 120′ minuti