
Il cineasta fiammingo Lukas Dhont si è fatto notare al Festival di Cannes 2018 conquistando con Girl la Camera d’Or per il miglior film d’esordio, quest’anno tornando sulla croisette, in concorso con l’opera seconda Close, si è aggiudicato il Gran Premio della Giuria a conferma di un talento che nel ritratto intimo delle fragilità dell’età giovane, vero comune denominatore tra i due film, trova il fulcro vibrante attorno a cui ruotano i suoi personaggi. Anche i ragazzi protagonisti di Close sono smarriti nell’affrontare le tempeste emotive tipiche dell’infanzia, in un percorso di crescita intima che nessuno è mai veramente pronto ad affrontare, perché portato avanti su un terreno interiore in cui – di fatto – ognuno è solo, spesso in contrasto con le pressioni che il mondo fa attraverso modelli consolidati.
Il dodicenne Léo vive un’amicizia simbiotica con il coetaneo Rémi, scorrazzando liberamente tra i campi fioriti dell’azienda di famiglia, nascondendosi insieme a lui e sussurrando la loro complicità fatta di scherzi, spensieratezza e progetti futuri all’insegna dell’incapacità di pensarsi l’uno senza l’altro. Ma l’estate volge al termine e i due ragazzi dovranno presto inserirsi in una nuova scuola, iscritti alla stessa classe vanno a occupare il medesimo banco esprimendo in piena naturalezza la confidenza anche fisica instaurata tra loro. Ma la tossica stupidità di chi nutre pregiudizi, nell’incapacità di comprendere un legame tanto forte svincolato dalla sessualità, osserva con sospetto l’esclusività di quella amicizia.
La pressione sociale che giudica troppo ravvicinato – per due maschi – quel modo di esprimere un affetto fraterno e disinteressato, con l’esigenza per Léo di essere accettato dal gruppo, spinge il ragazzo – ricattato dall’ignorante superficialità di chi getta ombre ambigue su quell’amicizia virile – a negare i suoi sentimenti naturali, iniziando a porre distacco tra lui e Rémi.

La macchina da presa di Lukas Dhont procede pedinando da vicino il piccolo Léo, interpretato con straordinaria adesione dal giovane Eden Dambrine – candidato per questo ruolo all’EFA come miglior attore europeo – a cui è affidato il compito di dare espressione visiva alla sofferenza, in un racconto puramente cinematografico che predilige la supremazia delle immagini come strumento narrativo, amplificando i silenzi e riducendo al massimo i dialoghi, comunque estremamente essenziali.

Notevole anche l’esordiente Gustav De Waele nei panni di Rémi, chiamato a raccontare tutta la fragilità di un bambino indifeso davanti al primo abbandono della sua giovane vita. L’interazione tra i due ragazzini restituisce sullo schermo un ritratto fedele e doloroso di quell’età acerba, in cui nel bene e nel male è facile sentirsi perduti e sopraffatti dalle emozioni. Intenso il ritratto della madre di Rémi offerto da Émilie Dequenne, che esordì adolescente anche lei in Rosetta di Jean-Pierre e Luc Dardenne.

Dopo il successo del primo film il timore che incute la pagina bianca era tangibile, ma una visita alla sua vecchia scuola elementare ha riportato vivido alla memoria del regista quel periodo conflittuale in cui era difficile essere completamente se stessi. Ispirato anche dal libro Deep secrets della psicologa Niobe Way, Lukas Dhont porta sullo schermo l’analisi del senso di colpa vissuto da tanti ragazzi, costretti ad abbandonare ogni intimità nell’amicizia virile per diventare l’uomo che lo stereotipo sociale impone.

Prodotto tra gli altri dal fratello del regista Michiel Dhont, dopo l’esordio a Cannes e l’anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma lo scorso ottobre, adesso Close di Lukas Dhont con la candidatura al Golden Globe ha iniziato il suo viaggio internazionale e sarà finalmente nelle sale italiane dal prossimo 4 gennaio 2023 distribuito da Lucky Red. Un’intensa emozione visiva estremamente commovente, perché capace di parlare direttamente al cuore.
