Lee Jong-su è un ragazzo solitario sopravvissuto all’abbandono della madre, che ha lasciato la famiglia quando lui era ancora un bambino, con una sorella maggiore sposata e impegnata a vivere in un altrove lontano la propria vita e un padre costretto a fronteggiare le conseguenze dei suoi frequenti eccessi d’ira.
Diplomato in scrittura creativa, il giovane aspira a pubblicare un suo romanzo e si impiega in lavori saltuari per mantenersi. Un giorno, mentre sta facendo consegne per le vie di Seul, incontra Shie Hae-mi una ragazza cresciuta come lui nel villaggio di Paju, in procinto di realizzare il suo sogno di fare un viaggio in Africa.
I due escono insieme e ripetuti incontri creano i presupposti per lo sviluppo di una relazione romantica, Jong-su sempre più coinvolto accetta di andare nella stanza dell’amica ad accudire il gatto durante la sua assenza, ma al ritorno la giovane arriva all’aeroporto in compagnia di Ben, uno sconosciuto incontrato in viaggio, ricco, di bella presenza e con qualche anno in più di Jong-su, che non può fare a meno di percepirlo come un rivale difficile da battere.
Restio a dare troppe spiegazioni sulla natura del lavoro che svolge e che gli consente un così alto tenore di vita, Ben alimenta non troppo inconsapevolmente sinistri sospetti sul suo conto, finché una serie di indizi mette in allarme l’aspirante scrittore inducendolo a svolgere indagini in cui il confine tra realtà e ossessione sembra assottigliarsi pericolosamente.

Il regista Lee Chang-dong prende spunto da un racconto di Haruki Murakami – ma lo innesta con spunti da un altro omonimo di William Faulkner, cui lo scrittore giapponese già rendeva omaggio – per un’opera straordinariamente cinematografica, misteriosa ed enigmatica, costruita sull’assenza. Paradossalmente, dato che il cinema come linguaggio visivo è essenzialmente costituito dall’atto di mostrare, il film semina illazioni e sospetti negando la visione di fatti che, insieme al protagonista, supponiamo essere accaduti.

Una riflessione sulla realtà e sulla sua percezione che nella sequenza in cui Hae-mi, allieva di un corso di mimo, finge di sbucciare un’arancia davanti a Jong-su trova perfetta esemplificazione; il trucco non è credere alla presenza del frutto da sbucciare, ma dimenticare che non c’è. Burning è un thriller dell’anima con rimandi hitchcockiani che riesce nel non facile intento di mantenere il suo segreto fino in fondo, ricco di suggestioni che nella magia di tempi meravigliosamente dilatati sanno creare momenti indimenticabili.

La lunga sequenza del dialogo all’imbrunire, con i tre personaggi principali seduti fuori dalla casa di Jong-su in contemplazione del tramonto, ad esempio è un pezzo di Cinema praticamente perfetto, in cui tutti gli elementi della messa in scena contribuiscono a farci vivere quel frammento di finzione come un’esperienza tangibile. La colonna sonora dell’intero film, popolata di assolo per tromba e canti quasi mugolati come mantra religiosi, è determinante nel mantenere il sublime senso di attesa per qualcosa che pare ineludibile.

Burning è un film che trasmette con immagini semplici riflessioni complesse, come il fuggevole raggio di sole nella stanza di Hae-mi espressione visibile della disperata transitorietà della vita, l’inappellabile scorrere del tempo e l’impossibilità di fermare nella parabola umana fragili attimi di felicità. Il ricordo di avvenimenti forse mai accaduti, come sintomo di desideri e aspettative verso l’altro, diventa linguaggio criptico da decodificare in un mondo fatto di metafore, che rimane essenzialmente un enigma.

Bravissimo a ottenere dai suoi attori interpretazioni straordinarie – i precedenti Oasis, Secret sunshine e Poetry parlano da soli – Lee Chang-dong affida i ruoli principali a tre giovani di talento: Yoo Ah-in dà forma a insicurezze e determinazione di Jong-su, Steven Yeun incarna l’indolente ambiguità del ricco Ben e l’esordiente Jun Jong-seo disegna in modo perfetto l’attraversare disorientata la vita della fragile Hae-mi. Emerge sullo sfondo, come un sottotesto nascosto, il conflitto di classe centrale in tanto cinema coreano di oggi.

Inserito nel progetto K-Cinema della Tucker Film, che nel mese di agosto porta nelle sale italiane quattro titoli inediti molto diversi tra loro – gli atri sono Little forest di Yim Soon-rye, A taxi driver di Jang Hun e The gangster, the cop, the devil di Lee Won-tae – che testimoniano ancora una volta la poliedrica vitalità del cinema coreano contemporaneo, Burning di Lee Chang-dong dal 19 settembre sarà regolarmente in distribuzione.

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. La solitudine di Jong-su, l’incontro con Hae-mi, l’interferenza ‘Ben’
  3. Un’opera enigmatica e misteriosa ispirata anche ai racconti di William Faulkner
  4. Dando forma all’invisibile tra inequivocabili rimandi hitchcockiani
  5. La contemplazione dell’imbrunire connette all’origine, ma anche alla fine
  6. L’inconscio popolato di metafore e la bellezza del creato
  7. Yoo Ah-in è il giovane Jong-su, Jun Jong-seo è la volubile Hae-mi, Steven Yeun è l’ambiguo Ben
  8. Locandine internazionali e originale

© 2018 Pine House Film / NHK / Now Films

IN COPERTINA
Yoo Ah-in incarna la solitaria determinazione di Jong-su
© 2018 Pine House Film / NHK / Now Films

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: Beoning
  • Regia: Lee Chang-dong
  • Con: Yoo Ah-in, Steven Yeun, Jun Jong-seo, Kim Soo-Kyung, Choi Seung-ho, Mun Seong-kun, Min Bok-gi, Lee Soo-Jeong, Ban Hye-ra, Cha Mi-Kyung, Lee Bong-ryeon, Jang Wonhyeong, Jeon Seok-Chan, Lee Joong-ok, Ok Ja-Yeon
  • Soggetto: Haruki Murakami dal racconto Granai incendiati
  • Sceneggiatura: Oh Jungmi, Lee Chang-dong
  • Fotografia: Hong Kyung-pyo
  • Musica: Mowg
  • Montaggio: Kim Da-won, Kim Hyun
  • Scenografia: Shin Jum-hee
  • Costumi: Lee Choong-yeon
  • Produzione: Lee Chang-dong e Ok Gwang-hee in associazione con Soo Jin Hwang per Pine House Film, NHK e Now Films
  • Genere: Drammatico
  • Origine: Corea del Sud, 2018
  • Durata: 148′ minuti