
Vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, dopo l’anteprima italiana alla 18ª Festa del Cinema di Roma e la proiezione di preapertura del 15° France Odeon di Firenze, adesso Anatomia di una caduta di Justine Triet è finalmente nelle sale italiane distribuito da Teodora Film.
Sandra Voyter è una scrittrice di successo e moglie di Samuel Maleski, scrittore ancora in cerca di affermazione, con cui vive in uno chalet di montagna sulle Alpi francesi insieme al figlio non vedente Daniel, a cui il padre assicura un’istruzione parentale.
Un giorno l’incontro tra una giovane laureanda, arrivata a intervistare la scrittrice per la sua tesi, è bruscamente interrotto dalla musica ad altissimo volume accesa al piano di sopra dal marito che, a detta di sua moglie, usa concentrarsi così per il suo lavoro; impossibilitate a continuare la conversazione le due donne decidono di salutarsi e, fermata la registrazione, la studentessa sale in auto mentre Sandra dal balcone le rivolge un cenno di commiato. Il figlio undicenne Daniel è andato a passeggiare sulla neve intorno a casa con il fedele cane, rientrando inciampa nel corpo ormai senza vita del padre, che giace sul terreno ghiacciato in una pozza di sangue.
Tutto farebbe pensare a una caduta accidentale, ma nonostante la totale assenza di prove o testimoni presenti sul posto, la moglie viene accusata di omicidio in base a pochi indizi che hanno tutta la necessità di essere consolidati. Oppressa dalla difficoltà a esprimersi fluentemente in francese, la scrittrice di madrelingua tedesca sarà costretta a mettere a nudo la propria complessa relazione col coniuge, esposta a un’eco mediatica di superficialità sconfortante, oggetto di pregiudizi sessisti, con la preoccupazione di proteggere il figlio da ciò che dovrà sentire in aula perché, come testimone, non c’è alcuna possibilità che possa essere tenuto fuori dal processo.

Scritto dalla regista Justine Triet insieme al suo compagno Arthur Harari, Anatomia di una caduta è nelle intenzioni originali l’analisi della fine di una storia d’amore, in cui sopravvive l’onestà del confronto che con troppa facilità può essere fraintesa all’esterno. Ma il film rappresenta anche una riflessione sul rapporto tra Verità e percezione del reale, in un mondo che spettacolarizza i casi più scabrosi, dando l’illusione a ogni individuo dell’àgora di avere diritto a esprimere un’opinione.

Girato magistralmente in uno stile diretto che spesso simula i reportage d’attualità, volutamente il film ci abbandona ai nostri pregiudizi nell’indurre a scandagliare la figura complessa della protagonista, una straordinaria Sandra Hüller, sempre mal disposta ad incarnare i nostri schemi; con l’avvocato Vincent ex compagno di studi, interpretato da Swann Arlaud, la vediamo spesso in momenti di ilarità percepibili come inopportuni, che gettano ombre su ogni presunzione di innocenza.

Un ruolo determinante nella costruzione narrativa è assolto dal giovane Milo Machado Graner, bravissimo a incarnare il dramma del piccolo Daniel, costretto a una repentina perdita dell’innocenza che incrina inevitabilmente la fiducia totale che aveva nella sua mamma, prima di vederla demolita dall’accusa al banco degli imputati. La capacità di modellare il mondo con le parole, non a caso vittima e imputata sono scrittori, è il nucleo centrale di questo vero e proprio thriller.

Anatomia di una caduta di Justine Triet ci interroga sulla natura stessa delle relazioni, tra fiducia e illusione, senza strumenti che diano garanzie sulla vera essenza delle persone che incontriamo, proprio come nella vita, in cui confidiamo nell’altro fino a prova contraria; gli eventi, i dettagli, ma anche le cose dette sono sempre incredibilmente sfumati, mai ambigui, ma sempre comunque esposti a ogni possibile interpretazione. Straordinario.