Quando Edward Snowden, ex tecnico informatico della CIA, ha rivelato al mondo l’esistenza di programmi per una sorveglianza globale di massa, il cineasta austriaco Friedrich Moser si è chiesto quando i servizi segreti di tutto il mondo hanno spostato la loro attenzione dai nemici militari ai privati cittadini, e perché?
Nel cercare una risposta a questa domanda ha conosciuto Bill Binney – analista americano con oltre trent’anni di attività all’interno della National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti – e lo ha invitato a Vienna, dove per quattro giorni nell’ottobre 2013 ha registrato l’intervista che fa da colonna portante al suo documentario A good american – il prezzo della sicurezza.
Ripercorrendo la sua carriera il crittografo statunitense ha rivelato retroscena dell’11 settembre 2001 e formulato pesanti accuse davanti alla macchina da presa, tali da rendere comprensibile l’affermazione ‘Io non mi suiciderei mai‘ che il procuratore Jesselyn Radack – nota per cause in difesa dei diritti umani e contro i servizi segreti – ricorda essere stata una delle prime cose che Binney le ha detto; non si tratta di paranoia, perché in altri casi l’ombra del sospetto si addensa sul suicidio di personaggi coinvolti in indagini analoghe, come quello dello scrittore Hunter S.Thompson che si sarebbe tolto la vita nella sua isolata casa di campagna, mentre era impegnato al telefono in una conversazione con la moglie.

Figlio di un reduce della seconda guerra mondiale, Bill Binney non ancora ventenne ha applicato la passione per la matematica alle sue attività di spionaggio e nel 1962 quando era di stanza in Turchia ha decodificato le trasmissioni criptate dell’Armata Rossa, creando di fatto sul campo i ‘metadati’ prima ancora che il concetto stesso venisse formulato. Per metadati si intendono gruppi di dati in relazione ad altri dati, in grado di definire modelli comportamentali umani e rapporti tra individui nel mondo reale.

I vari programmi di sorveglianza di massa non registrano il contenuto di messaggi e conversazioni, ma basandosi sui contatti tra le persone e sulla loro frequenza definiscono pensieri e azioni concrete fuori dal mondo virtuale della rete. Su questi concetti Binney con l’aiuto di un amico informatico ha creato un software chiamato Thin Thread [filo sottile] in grado di raccogliere dati, ma anche e soprattutto di interpretarli estraendo fuori dal magma sconfinato di tracce digitali quelle significative, mantenendo l’anonimato degli utenti.

L’utilizzo del programma avrebbe potuto evitare l’11 settembre, ma i vertici dell’NSA disattivarono Thin Thread tre settimane prima degli attacchi al World Trade Center, perché era troppo economico; si preferì un altro progetto, inefficace e costoso, capace di attrarre grossi finanziamenti. Ancora avidità, radice di ogni male, come motore del mondo; la frase pronunciata a poche ore dall’ecatombe da Maureen Baginski, ai vertici della Sicurezza Nazionale – ‘l’11 settembre è una manna per l’NSA‘ – ha lo stesso disgustoso cinismo degli imprenditori italiani che ridevano la notte del terremoto a L’Aquila.

Bill Binney e altri suoi colleghi hanno lasciato l’Agenzia quando parti di Thin Thread sono state riattivate senza gli strumenti che garantivano la privacy dei cittadini, sono stati perseguiti dall’NSA – poi assolti per la manifesta falsità delle prove a carico – per poter screditare la loro testimonianza. Considerando però le promozioni date successivamente al Generale Hayden e agli altri dirigenti, inetti e corrotti, a capo dell’NSA nel 2001, è ancora possibile credere che tutta la questione si possa esaurire solo con l’errore generato da un’avida caccia ai finanziamenti del Congresso?

Numerose sono ancora le incongruenze e i lati oscuri, oltre a prove evidenti che la versione ufficiale sui fatti dell’11 settembre continua ostinatamente a ignorare; le scatole nere degli aerei mai trovate ufficialmente che un pompiere e un volontario al lavoro sul posto dicono di aver recuperato, le tracce di uno specifico esplosivo a uso militare nelle macerie delle torri – che furono frettolosamente spedite in Cina per lo smaltimento nonostante le inchieste aperte – capaci di giustificare il crollo, altrimenti inspiegabile, delle torri. Molte fonti hanno raccolto indizi e prove sperimentali che sono vero e proprio atto d’accusa per una verità più inquietante ancora negata, A good american – in dvd su etichetta CG Entertainment – è un altro tassello del mosaico da comporre.

Didascalie immagini

  1. Locandina italiana
  2. Washington D.C. / Le macerie del World Trade Center
  3. Bill Binney a vent’anni è riuscito a decriptare i messaggi sovietici dell’Armata Rossa
  4. Thin Thread, programma rivoluzionario per registrare e mettere in relazione dati anonimi
  5. I vertici dell’NSA Michael Hayden, William B. Black jr, Maureen Baginski e Sam Visner, contattati per dare la loro versione, non hanno risposto / L’unico responsabile dell’11 settembre secondo la versione ufficiale: Osama Bin Laden
  6. Bill Binney, Ed Loomis, Kirk Wieber e Diane Roark hanno subito un blitz dell’FBI per aver denunciato l’NSA e Tom Drake dall’interno dell’Agenzia ha dato loro supporto, dopo aver dovuto sentire le parole oscene di Maureen Baginski. Il rapporto della commissione che ha indagato le azioni dell’NSA in questa storia è posto sotto il segreto di Stato al 98%

© 2017 Blue + Green Communication

IN COPERTINA
Bill Binney creatore di Thin Thread
© 2017 Blue + Green Communication

SCHEDA FILM

  • Titolo originale: A good american
  • Regia: Friedrich Moser
  • Con: Bill Binney, Jesselyn Radack, Kirk Wiebe, Diane Roark, Ed Loomis, Tom Drake
  • Sceneggiatura: Friedrich Moser
  • Fotografia: Friedrich Moser
  • Musica: Christopher Slaski, Guy Farley
  • Montaggio: Jesper Osmund, Kirk Von Heflin
  • Produzione: Friedrich Moser per Blue + Green Communication con il supporto di Austrian Film Institute e Film Location Austria con ORF Austrian Broadcasting Corporation
  • Genere: Documentario
  • Origine: Austria, 2017
  • Durata: 100′ minuti

Dove e quando