Un Orfeo sospeso fra mito e musica elettronica quello che va in scena al Bayreuth Baroque Opera Festival (Festival dell’Opera Barocca di Bayreuth). La rassegna musicale, partita nel 2020, si svolge ogni anno a settembre con opere e concerti portati in scena da artisti di fama mondiale. Il direttore artistico è il controtenore, regista e produttore Max Emanuel Cencic.

Le opere sono rappresentate nel Teatro dell’Opera dei Margravi (Markgräfliches Opernhaus), l’esempio meglio conservato di teatro barocco di corte, iscritto nel 2012 nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. All’Opera dei Margravi, che segue il modello del teatro all’italiana, un pubblico di cinquecento persone può tuttora sperimentare l’acustica dell’epoca, dato che la sua sala conserva i materiali originali, ovvero legno e tela. Questa meravigliosa sala fu edificata per iniziativa della Margravia Guglielmina di Brandeburgo-Bayreuth (1709-1758), sorella del re di Prussia Federico II il Grande, donna di grande cultura e appassionata di musica. L’occasione che diede avvio al progetto fu il sontuoso matrimonio della sua unica figlia, Elisabetta Federica Sofia, con il duca Carlo Eugenio del Württemberg nel 1748. Il principale architetto teatrale dell’epoca, l’italiano Giuseppe Galli Bibiena, che in precedenza aveva lavorato per la corte imperiale viennese, fu incaricato della progettazione del nuovo teatro. La supervisione dei lavori fu affidata al figlio Carlo Galli Bibiena e in meno di quattro anni fu creato un gioiello dell’architettura festiva barocca, paragonabile per dimensioni e magnificenza ai principali teatri di Vienna, Dresda, Parigi e Venezia. Un capolavoro imperdibile, fosse anche solo per una visita.
Questo settembre è andato in scena L’Orfeo di Monteverdi, una coproduzione con l’ateniese Megaron, firmato dal regista Thanos Papakonstantínou e dal direttore Markellos Chrýssikos. L’ensemble barocco Latinitas Nostra, insieme al compositore e musicologo Panos Iliopoulos, propone una nuova interpretazione del materiale originale e mette in musica l’epilogo dell’opera, che esiste solo in forma testuale nel libretto di Alessandro Striggio del 1607.
Essenziali le scene disegnate da Niki Psychogiou (suoi anche i costumi stilizzati), solo superfici e volumi che rammentano all’occhio certe tele metafisiche. Unica concessione festosa una specie di albero della cuccagna da sagra campestre sotto cui Orfeo ed Euridice convolano a nozze.

I tempi piuttosto misurati imposti da Markellos Chrýssikos a partire dal prologo rafforzano l’aura mitica della narrazione e le danno spessore, anche se a volte si frammenta lo splendido flusso musicale creato da Monteverdi. A tratti anche i cantanti sembrano un po’ trattenuti, quasi stessero seguendo i dettami del recitar cantando. Accanto agli strumenti tradizionali (Monteverdi comunque non lasciò una strumentazione definita) Latinitas Nostra comprende anche strumenti contemporanei, come le chitarre e i bassi elettrici di Kostas Makrygiannakis. Il sottofondo musicale che accompagna l’ingresso in scena di Caronte (il basso Marios Sarantidis), a cavallo e non sulla barca acherontea, non sfigurerebbe in un brano hard-rock e rende ancora più minaccioso il traghettatore infernale. Al tessuto musicale si aggiungono anche inserti e arrangiamenti di musica elettronica del compositore Panos Iliopoulos che rimarcano certi passaggi scenici, come la discesa di Orfeo all’Ade accompagnata da una cascata di suoni scabri e antichi. I brani elettronici rimangono comunque rispettosi dello spirito originale dello spartito monteverdiano, anche se non tutto il pubblico sembra gradirli.
Nella versione usualmente rappresentata Orfeo, dopo aver perso per sempre Euridice, viene rapito in cielo da suo padre Apollo. Lieto fine. A Bayreuth si è invece optato per il finale ben più cruento del libretto originale di Stiggio. Orfeo vaga solitario e disperato per i campi della Tracia finché non viene assalito e fatto a pezzi dalle Baccanti, le invasate adoratrici di Dioniso. Un finale di forte impatto, un vero Baccanale. Le indemoniate circondano lo sventurato Orfeo accompagnate da suoni elettronici ruvidi, quasi primordiali, che rimandano a rituali remoti e sanguinari, e lo uccidono.

Al centro del cast Rolando Villazón, fornisce un’interpretazione virile del tragico semideo, con i colori baritonali della sua voce che suonano più convincenti nella seconda parte infernale, piuttosto che negli idilli pastorali dei primi due atti. Struggente per gesto ed espressione nell’invocazione a CarontePossente spirto, e formidabil nume“, l’aria che sta al centro dell’intera opera e che dispiega tutta una gamma di virtuosismi e di emozioni. Ben affiatato il cast tutto greco che si muove attorno al divo messicano. Myrsini Margariti restituisce con bel timbro vocale gli accenti della sfortunata Euridice. Ricca di grazia e musicalità la Proserpina del soprano Maria Palaska, regale e severo il suo consorte Plutone signore degli Inferi.
Spentesi le ultime note, il pubblico si divide fra applausi e una cospicua dose di sonore contestazioni.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Teatro dell’Opera dei Margravi (Das Markgräfliche Opernhaus, Bayreuth)
    foto © Achim Bunz
  2. L’Orfeo del Bayreuth Baroque Opera Festival”
    foto © Clemens Manser
  3. Un altro momento dello spettacolo
    foto © Clemens Manser

IN COPERTINA

L’Orfeo del Bayreuth Baroque Opera Festival”
foto © Clemens Manser
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