Cosa fareste voi se vi dicessero che il mondo sta per finire fra ventiquattr’ore? Come reagireste?
Dopo il successo di Die Zauberin (L’Incantatrice) di Pëtr Čajkovskij, il regista russo Vasily Barkhatov porta in scena a Francoforte Le Grand Macabre di György Ligeti, opera in due atti e quattro quadri ultimata nel 1978 dal grande musicista ungherese. Il libretto fu scritto dallo stesso Ligeti assieme a Michael Meschke, il direttore del Teatro delle marionette di Stoccolma, a partire dalla commedia La balade du Grand Macabre (1934) di Michel de Ghelderode, una sorta di giallo assurdo che offrì il materiale tragicomico per l’opera. Il libretto originale fu scritto in tedesco, ma l’opera è rappresentata in diverse lingue. A Francoforte si è scelta la versione inglese.

L’unica opera di Ligeti è uno stravagante teatro della Morte. Le tv di tutto il mondo annunciano che una cometa gigantesca sta per impattare la Terra e all’umanità restano poche ore di vita. En passant, gli annunciatori sono tutti molto rilassati mentre annunciano la fine del mondo. Fatalismo o abitudine alla tragedia?
Vasily Barkhatov e la sua squadra assemblano uno spettacolo grottesco e chiassoso che rimanda benissimo il caos della (presunta) ultima notte del mondo. Uno spettacolo anche molto ben confezionato, in cui si fanno ammirare le scene di Zinovy Margolin e i costumi sgargianti di Olga Shaishmelashvili.
Nel principato immaginario di Breughelland la notizia dell’estinzione prossima ventura sorprende i protagonisti bloccati in un ingorgo stradale. Perfettamente in linea con la partitura che si apre con un concerto di dodici clacson automobilistici. Sotto il cavalcavia l’ubriacone Piet si aggira alticcio in mutande e accappatoio, dispensando perle di saggezza stralunata; la voce brillante e il fraseggio perfetto di Peter Marsh restituiscono gli accenti di questo Leporello invecchiato e bislacco. La coppia di innamorate gay Amanda e Amando (Elizabeth Reiter e Karolina Makuła) cerca invece di dissolversi nella lussuria e finisce per amoreggiare in una bara caduta dal carro mortuario del sinistro Nekrotzar, portato in scena da Simon Neal con recitazione accuratissima e voce scura di baritono. Nekrotzar nell’originale di Ligeti è il Principe dell’Inferno che annuncia la fine del mondo, mentre qui è semplicemente un impresario di pompe funebri nonché scrittore di romanzi apocalittici. Questo improbabile angelo della morte non annuncia la fine dei tempi con clessidra, falce e tromba, ma con una motosega, un cono spartitraffico e una carriola. I cavalieri dell’apocalisse di Dürer guarderebbero sdegnati.

Il secondo quadro ci trasporta nel camper dell’astronomo Astradamor (basso profondo), della moglie Mescalina (mezzosoprano dalla voce solida) affamata di passione, e del figlio immerso nei videogiochi e incurante del mondo esterno. I due si danno alla pazza gioia, ingurgitando pillole che creano visioni, perlopiù falliche (ottime le videoproiezioni di Ruth Stofer e Tabea Rothfuchs), tante volte le voglie della signora avessero bisogno di ulteriore carburante. Il terzo quadro è il piatto forte dello spettacolo.  La ferale notizia ha raggiunto il palazzo reale e il degenerato Principe Go-Go (Eric Jurenas, grande espressività del gesto e bella voce di controtenore) dirige dalla consolle del DJ uno sfrenato rave party in costume. Le ultime ore saranno trascorse fra alcool, vassoi di cocaina e una turba di personaggi improbabili, fra cui spicca un erculeo faraone nero e il Ministro Bianco (il tenore Michael McCown) trasformato in un pollo ipertrofico. Pensare che la sera prima sullo stesso palco di Francoforte andava in scena la tetraggine ultra-cattolica del Don Carlo…  In questo baccanale spicca Anna Nekhames, prima apparsa nei panni di Venere e adesso in quelli (invero piuttosto succinti) del Capo della “Gepopo“, la Polizia Politica Segreta; il soprano di coloratura mette insieme una recitazione spiritata e una serie di agilità vocali, spesso ad altezze vertiginose, che a qualcuno hanno ricordato la Regina della Notte. Il culmine del caos si raggiunge con la passacaglia finale, suonata in scena da un quartetto da camera di tacchini grassi, che riunisce un violino, un fagotto, un clarinetto e un ottavino, accompagnati da timpani e archi.

Peccato però che ci si sia sbagliati. Si aprono le tende e appare la luce del giorno. Gli uomini delle pulizie, infastiditi dai rottami umani della gozzoviglia, riassettano il caos del dopo party. Il mondo non finisce oggi. Vista l’umanità in scena non si è proprio sicuri di dover tirare un sospiro di sollievo.
Thomas Guggeis, il nuovo Generalmusikdirektor, guida con maestria la Frankfurter Opern-und Museumsorcheste, cantanti e attori vari attraverso una partitura che è un assemblaggio di colori musicali diversi e di parti vocali davvero impegnative. Nonostante la brevità dell’opera (120′ minuti) tenere tutto in equilibrio è un compito da far tremare i polsi. Si canta, si chiacchiera, si urla, su un libretto che a tratti si fa intenzionalmente triviale. Un linguaggio destrutturato fatto spesso di frasi brevi, a tratti urlate. Versetti dell’Apocalisse si alternano ad allitterazioni, a filastrocche, a esplicite allusioni erotiche (il libretto anni ’70 suona qui un po’ datato, a dir la verità). E intanto si srotola un tappeto musicale polimorfico, una babele di suoni esagerata e bizzarra, quasi dadaista, con una serie di citazioni che abbraccia cinque secoli di musica, a partire da Monteverdi, fino all’Eroica di Beethoven e al ragtime di Scott Joplin. Le Grand Macabre richiede poi un’orchestra quanto mai assortita che comprende, fra le altre cose, una sezione quasi infinita di percussioni, due clavicembali (uno suonato da Simone Di Felice in orchestra e uno in scena da Felice Venanzoni), una celesta, clacson di varia tonalità e fischi assortiti.

Un elogio particolare anche per il coro che, istruito da Tilman Michael, eccelle sia nel canto che nella recitazione.
Il pubblico segue con curiosità e divertimento e alla fine saluta tutti i protagonisti con applausi calorosi. Segno evidente che anche il teatro musicale contemporaneo può essere popolare, se ben confezionato. Le Grand Macabre è in scena in queste settimane anche a Vienna e in primavera sarà rappresentato a Praga e a Monaco.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Eric Jurenas (Principe Go-Go)
    foto © Barbara Aumüller
  2. Eric Jurenas (Principe Go-Go, con il copricapo rosso) e Michael McCown (Ministro Bianco) foto © Barbara Aumüller
  3. Simon Neal (Nekrotzar; a sinistra del carro funebre) e le comparse dell’Opera di Francoforte foto © Barbara Aumüller
  4. Simon Neal (Nekrotzar; in mantello verde), Alfred Reiter (Astradamors, a destra) e il Coro dell’Opera di Francoforte
    foto © Barbara Aumüller

In copertina

Eric Jurenas (Principe Go-Go)
foto © Barbara Aumüller
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