Un cigno gigantesco fluttua sopra la platea, colpito a morte da una freccia. La freccia scagliata da Parsifal, il Puro Folle (“der reine Tor”), destinato a infondere nuova linfa vitale ai derelitti cavalieri del Graal. Altre frecce vengono sparate verso la platea. Una mi sta per arrivare addosso! Per fortuna è tutto virtuale in questo nuova produzione di Parsifal che ha debuttato al Festival di Bayreuth (Bayreuther Festspiele) in questa estate 2023. Il regista americano Jay Scheib, che è anche Direttore del Dipartimento di Teatro del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, fa largo uso della “realtà aumentata” (Augmented Reality, AR).

I trecentotrenta spettatori (su duemila) dotati di occhiali AR vedono scorrere davanti agli occhi immagini generate digitalmente, che si aggiungono all’azione in palcoscenico. Un’innovazione messa in atto dal videodesigner Joshua Higgason, che sposa il teatro al mondo virtuale. Durante tutto il corso della rappresentazione le fantasmagorie tridimensionali create dagli occhiali AR si interpongono fra lo spettatore e il palcoscenico. Avatar, grandi decorazioni floreali, un teschio gigantesco quando Klingsor entra in scena, cuori che si contorcono, animali vari.
Bisogna ammettere che Parsifal è l’opera quasi ideale per questo tipo di sperimentazioni. Le illusioni create dalla realtà virtuale si sposano bene con il misticismo e l’esoterismo che innervano l’ultimo capolavoro di Wagner (sul rapporto fra Parsifal e le correnti esoteriche otto-novecentesche si veda il capitolo quarto dello splendido volume di Alex Ross “Wagnerismi. Arte e politica all’ombra della musica”). Se si sommano le fantasmagorie della realtà aumentata alla musica, al canto, all’azione in scena e ai filmati che scorrono sullo sfondo si arriva davvero a una sorta di Gesamtkunstwerk (“l’opera d’arte totale”), una rappresentazione in cui convergono e si fondono arti diverse.

Giova anche ricordare che Wagner malediva il mondo industriale, ma allo stesso tempo cercava sempre di adottare le innovazioni della tecnologia teatrale dell’epoca. Anche nel suo discorso per la posa della prima pietra di Bayreuth sottolineò la sua intenzione di usare alla Festspielhaus le più moderne risorse artistiche, per offrire agli spettatori la perfezione scenica e teatrale (si veda anche Patrick Carnegy, “Wagner and the Art of the Theatre”). Facendo un po’ di analisi costi-benefici, alla lunga l’esperimento teatrale creato da Jay Scheib e dal suo team diventa un po’ estenuante e richiede un livello di concentrazione ancora più alto di quello già necessario per un’opera di Wagner. Alle fantasmagorie virtuali che scorrono veloci si sommano anche i filmati che passano sul fondo della scena e seguire la rappresentazione diventa un continuo multitasking del cervello e dei sensi. Inoltre, gli occhiali AR pesano centocinquanta grammi e alla fine cominciano a scaldare. Ammetto che di tanto in tanto mi sono tolto gli occhiali e ho seguito come uno spettatore “normale”.

Concentrandosi sull’azione in scena (quella reale!) Jay Scheib firma uno spettacolo asciutto e di facile lettura. La Montsalvat del primo atto diventa una spianata su un qualche pianeta (scene di Mimi Lien) dove si aggirano dolenti i Cavalieri del Graal in mimetica. Una pozza d’acqua limpida si distende al centro della scena. Il Santo Graal non è un calice o una reliquia, ma un blocco blu di cobalto, un chiaro rimando ai minerali alla base dei nostri congegni elettronici. Il secondo atto trasforma il giardino delle delizie di Klingsor in un lascivo pool party con le Fanciulle Fiore tutte in rosa. Lo stesso Klingsor veste in rosa Barbie. Ai bordi della piscina si dispiega tutto il gioco di seduzione e di incanti che anima il secondo atto del Parsifal, fino al crollo finale del giardino. Il terzo atto è una chiara denuncia dello sfruttamento del Pianeta e del suo ambiente. Una grande macchina escavatrice arrugginita domina il palcoscenico, mentre nell’aria virtuale volteggiano batterie esauste, sacchetti di plastica, spazzatura elettronica. E alla fine Parsifal invece di celebrare il rito del Graal manda in frantumi il blocco di cobalto, dando forse inizio a una nuova era di armonia con la Natura.
Al di là delle illusioni virtuali e delle trasposizioni sceniche, rimane l’eccellenza assoluta della parte musicale. In fondo è per questo che tutte le estati si torna sulla Collina Verde e si sopporta per ore la scomodità dei seggiolini da cinema parrocchiale. L’ultimo capolavoro di Wagner si adatta perfettamente all’acustica della Festspielhaus e Pablo Heras-Casada, al suo debutto a Bayreuth, cesella con raffinatezza le qualità sinfoniche dell’opera, facendoci apprezzare tutta la magia trascendente dello spartito. I fiati sono un sogno e il direttore spagnolo ha a disposizione un cast stellare.

Il tenore austriaco Andreas Schager, subentrato a Joseph Calleja ad appena due settimane dalla prima, offre alla platea un’interpretazione potente – da vero Heldentenor– e raffinata, dosando accenti eroici e toni più intimi. Ekaterina Gubanova è una Kundry ricca di espressività e di sfumature nel restituire gli accenti della donna costretta e perpetuare la sua sofferenza attraverso i secoli. Georg Zeppenfeld è un perfetto basso wagneriano e disegna un Gurnemanz di grande umanità; la sua narrazione è perfettamente cesellata per chiarezza della linea vocale e partecipazione emotiva. Jordan Shanahan è un Klingsor che trasuda malignità perfino vestito di rosa da capo a piedi. Derek Welton è assolutamente convincente nei panni dolenti di Amfortas, così come il Titurel di Tobias Kehrer.
Come sempre magnifico il Coro del Festival per potenza e precisione.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Un’immagine delle proiezioni di Realtà Aumentata foto © JoshuaHiggason
  2. Un momento dello spettacolo foto © EnricoNawrath
  3. Un momento dello spettacolo foto © EnricoNawrath
  4. Un momento dello spettacolo foto © EnricoNawrath

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Bayreuther Festspiele GmbH - Festspielhügel 1-2 - Bayreuth
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