Trionfo di pubblico e di critica per il debutto di “Der Ferne Klang”, una rarità del primo novecento tedesco, portato in scena da Damiano Michieletto e dal suo team all’Opera di Francoforte. Michieletto, attualmente il regista lirico italiano più apprezzato fuori dai patri confini, riesce a distillare dalla trama un po’ stravagante dell’opera di Franz Schrecker uno spettacolo di realismo fantastico, emozionante e ricco di quadri nitidi e seducenti.

Der Ferne Klang, che debuttò proprio a Francoforte nel 1912, è la storia di una serie di occasioni mancate e di un compositore che, per la sua ossessione musicale, rifiuta l’amore della vita. Una storia a più livelli sulla ricerca di se stessi e sul tempo che scorre.

La vicenda raccontata da Schreker (suo anche il libretto) si distende per una quindicina di anni, che Michieletto nella sua versione onirica dilata sostanzialmente, e si svolge intorno al 1900 fra la Germania e Venezia. Il giovane musicista Fritz abbandona la provincia e Grete, il suo grande amore, per cercare il misterioso “suono lontano” che sente echeggiare in sé e che lo renderà famoso. La povera Grete viene nel frattempo messa in palio al tavolo verde dal padre alcolizzato e indebitato (un pizzico di naturalismo non guasta mai …), ma la ragazza scappa e segue una misteriosa vecchia signora che le promette un futuro radioso. Trascorsi dieci anni, Fritz ritrova la fidanzata, nel frattempo diventata Greta, a “La Casa di maschere”, un locale demi-monde della laguna veneta, in cui è divenuta la star delle cortigiane. È ancora innamorata del musicista ma Fritz la insulta e la abbandona di nuovo. Anni dopo l’opera di Fritz “Die Harfe” (L’Arpa) debutta in teatro ma la prima si trasforma in un fiasco colossale e Fritz capisce che ha negato a entrambi la felicità. Alla fine i due innamorati si ritrovano e cadono l’uno nelle braccia dell’altra, ma è troppo tardi per la gioia terrena. Finalmente il compositore trova il misterioso “suono lontano” che ha inseguito per tutta la vita e, che, a quanto pare, era sempre stato a portata di mano. Comincia con impeto a scrivere un nuovo finale della sua opera, ma muore poco dopo tra le braccia della sua amata.

Nella regia di Michieletto tutto si trasforma in sogno, ricordo e rimpianto. I due protagonisti giovani sono doppiati con sensibilità da una coppia di attori anziani, i bravissimi Steffie Sehling e Martin Georgi. Sequenze oniriche scorrono nella mente dei due anziani innamorati, ormai ai loro ultimi giorni in una casa di riposo, e creano scenari trasognati. Le due coppie, giovani e vecchi, si incontrano più volte, si abbracciano, si regalano fiori. Il vecchio Fritz è costretto a letto e sul comodino tiene la partitura della sua opera “Die Harfe”. La stessa arpa ricorre spesso come immagine onirica, mossa dal vento, simbolo della ricerca musicale ed esistenziale di Fritz.
Lo scenografo Paolo Fantin, accompagnando con maestria il linguaggio registico di Michieletto, moltiplica gli spazi, anche temporali, della narrazione e crea molteplici livelli narrativi, spesso separati da grandi veli su cui si proiettano anche i video di Roland Horvath e Carmen Zimmermann. E i grandi tessuti trasparenti che calano dal soffitto segmentano anche i diversi strati di coscienza dei personaggi. Scene da sogno si susseguono, fra palcoscenico e proiezioni. Fritz insegue il suo suono in una foresta di violini. Fino allo splendido finale, quando innumerevoli strumenti, un’intera orchestra, scendono dal cielo sul palcoscenico. Fritz ha finalmente trovato il suo suono! Uno spettacolo che unisce la dimensione di sogno a un solido e accurato lavoro tecnico e che non scivola mai nel banale. Splendidi e curati anche i costumi di Klaus Bruns, soprattutto nel secondo atto, ambientato nel paradiso del piacere raffinato e mercenario della casa di piacere veneziana.

Oltre a creare uno spettacolo intelligente e visivamente piacevole, Michieletto offre ai cantanti una cornice per esprimersi al meglio. E i due protagonisti brillano per voce e gesto in una partitura eclettica che assembla passaggi cantati e recitati. La Grete di Jennifer Holloway ha impressionato per estensione e volume fin dal grande momento solistico del primo atto. Il soprano americano, sicura anche nel registro più basso e molto espressiva sul versante scenico, si appropria della vocalità non facile del personaggio e restituisce tutti i drammi interiori dell’eroina di Schreker. Regale nella parte di Greta, stella del demi-monde. Le fa ottima compagnia il tenore Ian Koziara che sfoggia una vocalità ampia e luminosa e si impone per slancio e sensibilità. Gli altri membri dell’affollato cast (diciotto parti soliste!) contribuiscono al successo della serata. Si ricordano volentieri l’incantevole Julia Dawson che restituisce voce e movenze alla nobile cortigiana Mizzi, Gordon Bintner nei panni del Conte, che prima ama Greta e poi la rifiuta, e il Doktor Vigelius di Dietrich Volle. In grande spolvero la Frankfurter Opern- und Museumsorchester che, sotto la direzione del Generalmusikdirektor Sebastian Weigle, ricrea il brillante tessuto musicale intrecciato da Schreker. Uno spartito variegato, che mescola tratti tardo-romantici a ispirazioni più chiaramente novecentesche. Weigle accentua con precisione i passaggi più travolgenti e trova il giusto equilibrio fra palcoscenico e buca, sia nei momenti più intimi sia nei grandi quadri d’assieme, come quello del secondo atto. Ottimo, al solito, il coro istruito da Tilman Michael.

Una lunga ovazione finale saluta tutti i protagonisti di questa première.

Didascalie immagini

  1. Ian Koziara (Fritz) e Jennifer Holloway (Grete Graumann)
    foto © Barbara Aumüller
  2. Jennifer Holloway (Grete Graumann) e Ensemble
    foto © Barbara Aumüller
  3. Ian Koziara (Fritz)
    foto © Barbara Aumüller

IN COPERTINA
Ian Koziara (Fritz) e Jennifer Holloway (Grete Graumann)
foto © Barbara Aumüller
[particolare]

 DER FERNE KLANG

Franz Schreker (1878-1934)
Opera in tre atti
Prima rappresentazione: 18 Agosto 1912, Opernhaus, Frankfurt am Main
In tedesco con sovratitoli in tedesco e inglese

Direttore Sebastian Weigle
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Klaus Bruns
Video Roland Horvath, Carmen Zimmermann
Luci Alessandro Carletti
Maestro del coro Tilman Michael
Drammaturgia Norbert Abels

CAST
Grete Graumann  Jennifer Holloway
Fritz Ian Koziara
Oste della locanda “Zum Schwan” Anthony Robin Schneider
Un cattivo attore Iurii Samoilov
Il vecchio Graumann Magnús Baldvinsson
Sua moglie Barbara Zechmeister
Dr. Vigelius Dietrich Volle
Una vecchia signoara Nadine Secunde
Mizi Julia Dawson
Milli / Cameriera Bianca Andrew
Mary Julia Moorman
Una spagnola Kelsey Lauritano
Il Conte Gordon Bintner
Il Barone Iain MacNeil
Il Cavaliere Theo Lebow
Rudolf Sebastian Geyer
Un individuo losco Hans-Jürgen Lazar
Un poliziotto / Un servo Anatolii Suprun
La vecchia Grete Steffie Sehling
Il vecchio Fritz Martin Georgi

Chor der Oper Frankfurt
Frankfurter Opern- und Museumsorchester