A quell’Abruzzo forte, tenace e dignitoso, che più volte negli ultimi anni ha dovuto affrontare grandi emergenze e calamità, va non solo tutto il nostro affetto e profonda vicinanza ma anche l’impegno di far conoscere nei nostri spazi le bellezze paesaggistiche, i musei, le mostre e gli artisti che l’anno scelta come luogo ideale per creare.
Inauguriamo dunque la rubrica dedicata all’arte in ’Abruzzo, “un’isola schiacciata tra un mare esemplare e due montagne che non è possibile ignorare, monumentali e libere…” come la definisce di Ennio Flaiano nella lettera indirizzata a Pasquale Scarpitti.
Con il Museo Nazionale d’Abruzzo de L’Aquila, la Fortezza di Civitella del Tronto in provincia di Teramo, il Museo Paparella Treccia Devlet di Pescara e il Museo Archeologico Nazionale di Chieti iniziamo a immergerci nella bellezza d’Abruzzo.
L’AQUILA
Il Museo Nazionale d’Abruzzo, istituito negli anni ’50, è stato inaugurato nel dicembre di due anni fa nella nuova sede dell’ex mattatoio comunale difronte alla Fontana delle 99 cannelle, luogo in cui ha avuto inizio la storia della città. Qui si conserva un ricco e variegato patrimonio culturale, protetto dalle più moderne tecnologie antisismiche, tra cui le centoventi opere ferite dal sisma dell’aprile 2009.
Si possono ammirare i capolavori più significativi dell’arte abruzzese, dalle suggestive icone e sculture lignee medioevali, alle opere di età rinascimentale, come la croce processionale del Duomo di L’Aquila, di Nicola da Guardiagrele e la scultura a tutto tondo del S. Sebastiano, di Silvestro dell’Aquila, oltre all’ingente lascito del Marchese Francesco Cappelli, costituito da un importante nucleo di dipinti di Mattia Preti.
Nella ricca sezione archeologica, inoltre, si conservano la preziosa donazione del fondo appartenuta al Principe Francesco Caracciolo, un tempo custodita nel suo palazzo di Barisciano, i reperti degli scavi realizzati da Antonio De Nino e Nicolò Persichetti nell’antica Amiternum e altre straordinarie opere come il Calendario Amiternino, i rilievi con una Cerimonia funebre ed un Ludo gladiatorio, un cippo sepolcrale a forma di serpente e una collezione di epigrafi a carattere celebrativo o funerario.
La ricca e preziosa collezione permanente del MUNDA, ancor più valorizzata e fruibile nel nuovo allestimento, accompagna il visitatore alla scoperta della lunga storia d’Abruzzo, dai reperti archeologici ai capolavori del barocco
PESCARA
Per chi ama l’arte della ceramica non può mancare di visitare il Il Museo Paparella Treccia Devlet. Nell’ottocentesca e raffinata villa Urania, situata nel cuore di Pescara, ha sede uno dei più importanti musei italiani dedicati alla maiolica artistica di Castelli.
La collezione che si compone di centocinquant’uno pezzi è il frutto di quarant’anni anni di ricerca e di studi del Professore Raffaele Paparella Treccia, che ha donato la raccolta e la villa alla fondazione intitolata a lui e a sua moglie Margherita Devlet.
Si possono ammirare i lavori dei maggiori maestri castellani attivi tra il XVI e il XIX secolo, fra cui Francesco Grue (1618-1673), il figlio Carlo Antonio (1655-1723) e il nipote Francesco Antonio Saverio (1686-1746), nonché i principali esponenti delle famiglie Gentili, Cappelletti e Fuina.
Fra le testimonianze da segnalare: un servito alle armi di età barocca, costituito da 19 esemplari con lo stemma del committente, eseguito nella bottega di Francesco Grue e famosi lavori di Carlo Antonio Grue, tra i quali il più antico esemplare castellano di zuppiera, e due pregevoli vasi da consolles prodotti per l’Imperatore Leopoldo I d’Austria, successivamente passati ai Savoia.
Sarà inoltre possibile visitare la rassegna dedicata a “Francesco Paolo Michetti e il suo tempo”, aperta al pubblico sino al 12 novembre 2017, che rientra nel programma delle mostre temporanee.
Un’interessante esposizione di ventidue capolavori del grande maestro posti a confronto con opere di Aristide Sartorio, Costantino Barbella, Pasquale Celommi, Basilio Cascella e Tito Pellicciotti, Artisti, questi ultimi, coevi e a lui legati da grande amicizia. Fra i vari manoscritti originali e documenti in mostra alcuni spartiti musicali di melodie di Francesco Paolo Tosti, con copertine sono cromolitografiche eseguite dal caro amico Michetti.
CHIETI
Immersa nei giardini del Capoluogo teatino si trova il Museo Archeologico nazionale d’Abruzzo, un tempo dimora ottocentesca del barone Ferrante Frigerj, dove si conserva l’icona simbolo d’Abruzzo, il Guerriero di Capestrano. Si tratta di una statua in calcare tenero del VI sec. a.C., alta complessivamente m 2,09 senza il plinto, raffigurante un uomo vestito delle sue armi, rinvenuta in una necropoli dell’antica città di Aufinum, nei pressi di Capestrano(AQ).
Il Museo presenta un rinnovato allestimento secondo i sistemi etnico-territoriali, che evidenzia le peculiarità dei gruppi etnici che hanno abitato l’Abruzzo dall’Età del Ferro fino all’Alto Medio Evo.
Al primo piano si propone una ricostruzione storica e la lettura di ciascun popolo strettamente connessa alla singolarità del territorio di appartenenza e alle sue trasformazioni nel tempo; emergono così in modo chiaro similitudini e differenze tra Vestini Transmontani, Vestini Cismontani, Peligni, Marrucini e Carricini.
Scendendo al piano terra si possono visitare due collezioni Pansa e quella di Numismatica, collocate al di fuori dei percorsi territoriali.
Dall’antisala grigia del piano terra si accede allo spazio architettonico curato da Mimmo Paladino nel 2011 che accoglie il Guerriero di Capestrano. Un allestimento creativo discreto, misurato e minimale che va scoperto lentamente. Gli aerei e leggerissimi graffiti di Paladino che quasi sfiorano le pareti esaltano le solide volumetrie del Guerriero abruzzese, in una suggestiva scenografia “Al di là del tempo” che solo l’ispirazione di uno dei maestri più noti dell’arte contemporanea poteva creare e che da sola merita la visita del Museo.
TERAMO
Nel cuore dell’Abruzzo, in prossimità del vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, si erge maestosa e imponente, una tra le più grandi e importanti opere di ingegneria militare d’Europa, la Fortezza di Civitella del Tronto, uno dei borghi più belli d’Italia.
L’edificio, un tempo una rocca aragonese sorta su una struttura probabilmente d’epoca medievale, è stato modificato nel corso dei secoli sino a giungere alla grandiosità di oggi. Il primo impulso di trasformazione del nucleo originario avvenne nel 1564 quando Filippo II d’Asburgo, re di Spagna, diede ordine di farne una Fortezza più sicura e inespugnabile, a seguito della tenace resistenza dei civitellesi contro le truppe francesi. Nel 1734 Civitella del Tronto passa sotto l’egemonia spagnola dei Borboni, che apportano ulteriori modifiche al forte. Baluardo di resistenza nell’assedio contro i francesi del 1806 e dei piemontesi del 1860/61, a partire da quest’ultima data la Fortezza viene abbandonata, saccheggiata e distrutta dagli stessi civitellesi
Bisognerà dunque attendere l’importante intervento di restauro e conservazione realizzato, dal 1975 al 1985, dalla Sovrintendenza di L’Aquila per poter riammirare la Fortezza degli antichi fasti, una costruzione a pianta ellittica con un’estensione di 25.000 mq e una lunghezza di oltre 500 metri.
La Fortezza di Civitella del Tronto oggi si svela al visitatore con un percorso ricco e unico composto da: tre camminamenti coperti, vaste piazze d’armi, cisterne, camminamenti di ronda, Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le caserme dei soldati.
Si può inoltre apprezzare il Museo delle Armi e delle Mappe Antiche, organizzato in quattro sale dove si trovano conservate armi e mappe antiche, riguardanti le vicende storiche di Civitella del Tronto. Tra le armi di grande importanza storica spiccano alcuni schioppi a miccia del XV secolo, pistole a pietra focaia, un cannone da campagna napoleonico e dei piccoli cannoni detti “falconetti” da marina.
Dalla dominante e privilegiata posizione della Fortezza si gode di uno scenario paesaggistico e architettonico mozzafiato, dal vecchio incassato sottostante con le caratteristiche case-forti, ai massicci del Gran Sasso, della Laga, della Maiella, dei Monti Gemelli fino al dannunziano Adriatico selvaggio, che genera in chi lo ammira il desiderio di addentrarsi nella terra d’Abruzzo.