La vita sulla Terra dipende dalle piante ed il loro modo di organizzarsi pone al centro del mondo tutta la comunità dei viventi. Dobbiamo ispirarci a loro, alla Nazione delle Piante per capire davvero le regole della vita e di conseguenza garantire la nostra sopravvivenza.
Su queste premesse Stefano Mancuso, botanico, divulgatore ed esperto di neurobiologia vegetale, dà parola alle Piante, al loro insieme, come se costituissero una grande Nazione con la sua costituzione, documento fondante di regole e valori del vivere comune.
Edito da Laterza ed uscito nel 2019, La Nazione delle Piante è composto da otto articoli che racchiudono l’essenza dell’organizzazione del mondo vegetale, sviluppatosi e sopravvissuto per milioni di anni mantenendo un costante equilibrio col pianeta che abita. Allo stesso tempo, ogni articolo rappresenta specularmente gli eccessi ed il malfunzionamento strutturale della Nazione Umana, da poco apparsa sulla faccia della Terra (esistiamo da trecentomila anni, un’inezia in termini geologici) ma già in grado di sconvolgerla profondamente.

Art.1 – La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente.
Pensare che ci siano altre forme di vita nello spazio e desiderare di colonizzare nuovi pianeti rappresenta più una rassicurazione che una certezza, una fuga dalla realtà piuttosto che una concreta riposta ai problemi del presente. Ci dimentichiamo che la Terra è così come la vediamo e conosciamo perché è piena di vita, e questa vita è una cosa rara. Non ce ne rendiamo conto perché la vediamo ovunque e la diamo per scontata, è come se vivessimo in una bolla di vita. Ma il problema più grande e che ci riteniamo i sovrani della Terra e pensiamo di poterne disporre come vogliamo. Riteniamo di essere i migliori esseri viventi su questo pianeta ma il nostro maltrattare, sfruttare e dare per scontata la vita sulla Terra corrisponde ad una pessima strategia di sopravvivenza. Dobbiamo fare come le piante e considerare il nostro pianeta come casa di tutti i viventi e non come una personale ed esclusiva dimora.

Art. 2 – La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che la compongono.
Tutte le specie sono connesse le une con le altre in molteplici e complesse relazioni. Possiamo evincere questo principio in tutti i casi in cui l’uomo è intervenuto per cambiare la situazione di determinati ecosistemi, introducendo nuove specie d’esseri viventi: in tutti i casi si sono determinati effetti indesiderati che hanno, a loro volta, causato problemi in altri ecosistemi fino a quel momento in equilibrio. Le specie viventi sono talmente interconnesse che è impossibile prevedere cosa possa accadere, se le consideriamo in maniera semplicistica ed utilitaristica. Infatti, questi fallimenti non tenevano conto delle comunità intese come relazioni tra viventi e di come questa interconnessione costituisse la loro forza nel reagire a situazioni di stress ed eventi avversi. Per questo se l’uomo scientemente altera gli equilibri delle comunità saranno tutti gli esseri viventi della stessa, e noi stessi, a risentirne.

Art. 3 – La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzione concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate.
Una caratteristica particolare distingue piante e animali: le prime hanno distribuito sul loro intero corpo le funzioni vitali mentre gli animali le hanno concentrate in organi specializzati. Questa conformazione strutturale influisce sul modo in cui ci organizziamo. L’essere umano ha sviluppato un’organizzazione piramidale con gerarchie verticali e centralizzate. Il chiaro vantaggio di questa organizzazione è la velocità di decisione e d’azione. Tuttavia, nella pratica questi sistemi generano una macchina burocratica che con l’aumentare della sua grandezza perde velocità ed efficacia mantenendone tutti gli svantaggi (errori, distanza centro-periferia, scarsa resilienza, personalismi, etc.). Inoltre, la scienza ha dimostrato come, sia tra gruppi d’umani che di animali, l’organizzazione gerarchica interferisca negativamente sulla salute degli individui alla base della piramide, investiti da ingenti livelli di stress, deresponsabilizzati, privati della consapevolezza delle loro azioni e di conseguenza più esposti alla manipolazione dei pochi che occupano il vertice. Per evitare queste derive dobbiamo imitare l’organizzazione modulare e diffusa delle piante, dove ogni componente ha il potenziale di diventare qualsiasi altra parte del corpo donando allo stesso tempo resistenza e libertà a tutto l’organismo. Internet stesso rispecchia la struttura modulare ed alberata delle piante: le alternative alla gerarchia ci sono e queste dobbiamo sviluppare.

Art. 4 – La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni.
L’umanità ha sviluppato un sistema di consumo autodistruttivo. Siamo all’apice della piramide ecologica, ci definiamo superpredatori (sotto di noi gli altri animali ed alla base le piante). Ma questa piramide andrebbe però invertita per mostrare il vero impatto che abbiamo sull’ambiente che ci circonda. Più un organismo è in alto nella piramide ecologica meno efficiente è dal punto di vista energetico. I veri produttori di energia sono le piante che trasformano l’energia solare in energia biochimica. Ad ogni passaggio della piramide rimane solo il 10-12% dell’energia precedente. Se a questo aggiungiamo il sovraconsumo umano delle risorse naturali ci accorgiamo dell’enorme impatto che abbiamo sul pianeta, tanto da aver causato la corrente estinzione di massa di numerose specie vegetali ed animali. Molti pensano che questo non sia un problema dell’uomo, ma qui sbagliano perché l’essere umano è parte della natura stessa e distruggendo gli altri esseri viventi miniamo le basi della nostra stessa sopravvivenza.

Art. 5 – La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti.
Le piante funzionano in equilibrio con l’ambiente circostante ed hanno il compito fondamentale di trasformare la più grande fonte di energia che abbiamo, quella solare, in una forma utile a tutte le altre forme di vita, ovvero gli zuccheri che poi faranno da carburante per tutti gli altri esseri viventi. Le piante costituiscono la componente fondamentale del ciclo del carbonio: fissano l’anidride carbonica prodotta dalle emissioni dei viventi e da alcuni fenomeni geologici mantenendo il ciclo in equilibrio.
Tuttavia, il consumo smodato di energia fossile da parte dell’uomo porta allo sconvolgimento di tutto il sistema Terra. I combustibili che noi bruciamo non sono altro che vecchie forme di vita organica immobilizzate nel suolo da millenni. La loro reimmissione in atmosfera altera il ciclo del carbonio aumentando la CO2 in atmosfera ed i conseguenti effetto serra e riscaldamento globale. E tutto succede in tempi rapidissimi. Come ne usciamo? Con le piante e sempre con le piante possiamo riportare un equilibrio, ma è necessario uno stop drastico alla deforestazione definendo quest’azione come crimine contro l’umanità, e piantando ovunque sia possibile perché “dalle piante dipende la nostra unica possibilità di sopravvivenza.

Art. 6 – Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni future è vietato.
Nel 1971 si gettarono le basi della consapevolezza sull’impatto umano nel cambiamento del clima terrestre. Il club di Roma, un gruppo di scienziati ed attivisti ambientali, si riunì per elaborare gli scenari futuri possibili. Frutto di quell’incontro fu il Rapporto sui limiti dello sviluppo in cui si enunciavano l’insostenibilità di una crescita infinita e si prospettavano i futuri problemi ambientali dell’umanità. Sono passati cinquant’anni e le previsioni dell’epoca si sono dimostrate purtroppo in linea con quello che avviene sotto i nostri occhi. All’epoca non si diede peso a queste cassandre, rispondendo con un’osservazione che viene proposta anche oggi, ma che ha dimostrato la sua fallacia: ci penserà la scienza ed il progresso tecnico. Abbiamo visto che ciò non è avvenuto, anzi dal 1971 non abbiamo fatto altro che inquinare ancora di più. Ma com’è possibile che in cinquant’anni di progresso tecnologico non si sia risolto il problema? È un paradosso apparente, perché in realtà l’efficienza energetica delle macchine è migliorata notevolmente, ma ciò ne ha ridotto il costo facendone aumentare i consumi. Il problema risiede sempre nel nostro uso smodato delle risorse energetiche. Le piante, ancora una volta, si muovono al contrario, convivono con la scarsità di risorse e si sviluppano in maniera modulare. Sono dotate di una flessibilità incredibile cambiando il loro corpo per essere sempre in equilibrio con il loro ambiente.

Art. 7 – La nazione delle piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione.
Linneo elaborò la classificazione classica, scalare e gerarchica, che suddivide pietre, piante, animali ed esseri umani per crescente capacità senziente e di movimento. Col tempo si è dimostrata datata e scorretta, ma rappresenta bene il modo in cui percepiamo ancora oggi gli altri esseri viventi. Invece, è giusto riconoscere alle piante un’alta sensibilità e capacità di movimento. Non potendosi spostare dal luogo in cui nascono le piante hanno sviluppato un’enorme adattabilità all’ambiente che le circonda, per molti versi esse sono molto più sensibili degli animali. Le piante devono risolvere i problemi senza poter spostarsi come invece possono e fanno gli animali, e riescono a trovare soluzioni grazie al loro sviluppo fatto di moduli reiteranti e nel possedere funzioni diffuse e non concentrate in organi specifici.
È quindi riduttivo e sbagliato vedere le piante come esseri inanimati. Le piante viaggiano di generazione in generazione. Esse migrano come animali ed esseri umani, tutti influenzati dalle grandi forze che intervengono nell’ambiente. Così come masse d’esseri umani migrano spinti da crisi economiche dovute all’acuirsi dei cambiamenti climatici, anche diverse piante si stanno spostando ad altitudini con temperature più tollerabili per la loro sopravvivenza. Migrare è una tra le più fondamentali strategie naturali di sopravvivenza. Nessuno dovrebbe porvi divieti e limitazioni. Negare il diritto dell’essere umano a spostarsi va contro la sopravvivenza stessa della nostra specie.

Art. 8 – La nazione delle piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso.
Concepire la natura come una lotta all’ultimo sangue è una concezione sbagliata e parziale. Quest’idea nasce da un secolare fraintendimento della teoria darwiniana dell’evoluzione: colui che ha più chance di sopravvivenza è il più adatto, non il migliore. Sono talmente diverse le variabili e sempre condizionate al loro contesto che semplificare l’evoluzione con la legge del più forte è sbagliato e pericoloso, tant’è che proprio da queste errate trasposizioni degli studi darwiniani nella sociologia si siano sviluppate teorie razziste (p.e. darwinismo sociale).
Bisogna vedere la vita e l’evoluzione come un insieme di relazioni complesse tra i viventi. Ed i rapporti di competizione e lotta, seppur ben presenti ed evidenti, non sono tra i principali promotori dell’evoluzione di una specie. Al contrario è il mutuo soccorso, la simbiosi, che ha permesso sviluppi evolutivi impressionanti.
Si pensi ad esempio all’origine delle cellule eucariote. Queste ultime contengono organelli differenziati, mentre le cellule procariote hanno solo il nucleo. Ebbene, la teoria scientifica dell’endosimbiosi spiega che le cellule eucariote si siano originate da una primordiale simbiosi tra cellule procariote più grandi e batteri (essi stessi organismi procarioti) specializzati in determinate funzioni (p.e. respirazione e produzione di energia) che col tempo sono diventati organelli (p.e. mitocondri e cloroplasti) di cellule complesse come quelle eucariote. Un altro esempio di cooperazione tra organismi viventi non poteva che provenire dalle piante e dalla loro simbiosi con i batteri azoto fissatori, che riescono ad assorbire azoto (per alcune specie atmosferico e per altre contenuto nel suolo) un elemento essenziale per la nutrizione delle piante; e con i funghi micorrizici, ovvero quei funghi che si sviluppano attorno alle radici delle piante dalle quelli ricevono nutrimento (zuccheri) ed in cambio moltiplicano la superficie di assorbimento delle radici, diventando propaggini delle stesse, proteggono le radici più giovani, e permettono la comunicazione tra piante. Ultimo esempio eccezionale della simbiosi tra viventi sono i licheni, una vera e propria categoria vivente con caratteristiche diverse dalle due tipologie di organismi di partenza (funghi ed alghe), capaci di resistere alle condizioni più estreme sulla Terra e persino nello spazio.
L’appello accorato di Mancuso ci chiede di dare maggiore dignità agli altri esseri viventi e di riconsiderare l’incredibile forza ed intelligenza delle piante, perché si sono dimostrate da sempre gli organismi che rispecchiano al meglio l’equilibrio della vita sulla Terra. Dalle piante è nata la vita come la conosciamo sul nostro pianeta, e nelle piante possiamo ritrovare le risposte per correggere i problemi da noi stessi creati.