L’immobilità per me evoca grandi spazi in cui si producono movimenti che non si arrestano, movimenti che non hanno fine. È, come diceva Kant, l’irruzione immediata dell’infinito nel finito. Un ciottolo, che è un oggetto finito e immobile, mi suggerisce non solo dei movimenti, ma movimenti infiniti che, nei miei quadri, si traducono in forme simili a scintille che erompono dalla cornice come da un vulcano.  (Joan Miró)

Dopo il grande successo delle mostre dedicate a Tamara de Lempicka, a Matisse e a Toulouse-Lautrec, Arthemisia conferma il rapporto privilegiato con Torino e i Musei Reali proponendo la straordinaria esposizione dedicata a uno dei massimi interpreti del Novecento, Joan Miró (Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca, 1983).
Centotrenta opere, quasi tutti olii di grande formato, sono esposte nelle sale espositive di Palazzo Chiablese grazie al generosissimo prestito della Fundació Pilar i Joan Miró a Maiorca, che conserva la maggior parte delle creazioni dell’artista catalano durante i trenta anni della sua vita sull’isola.
Miró! Sogno e colore vede come curatore scientifico Pilar Baos Rodríguez e, come sottolinea la direttrice dei Musei Reali di Torino Enrica Pagella: “Un nuovo appuntamento con l’arte moderna e con uno degli artisti che ne hanno maggiormente segnato la storia. L’esposizione approfondisce il momento più felice della ricerca dell’artista, tra il 1956 e il 1983, anno della morte, ed evidenzia opportunamente le radici storiche e visive che l’hanno alimentata.

L’esposizione presenta la produzione di un periodo indissolubilmente legato alla “sua” isola dove, negli anni Sessanta e Settanta, si dedica a temi prediletti come donne, uccelli e paesaggi monocromi. In mostra anche i lavori degli ultimi anni della sua produzione, quelli della pittura materica, fatti con le dita e dal colore steso con i pugni spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo. E ancora le sculture, frutto delle sperimentazioni che fece con diversi materiali, collage e i cosiddetti “dipintioggetto”. Con un linguaggio artistico universale e una poetica irripetibile, nelle opere Miró è forte il senso di appartenenza e di fusione alla sua terra, Maiorca, dove concretizzò il grande desiderio di poter creare in un ampio spazio tutto suo, uno studio dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. Uno studio unico ricostruito scenograficamente all’interno degli spazi di Palazzo Chiablese con gli oggetti originali. E proprio a Maiorca la Fundació Pilar i Joan Miró custodisce una collezione donata dall’artista e da sua moglie che conta cinquemila pezzi e che conserva ancora (nel bianco edificio inondato di luce sospeso nel verde che era il suo studio) pennelli, tavolozze e attrezzi del mestiere rimasti lì dal giorno in cui è morto, come lui li aveva lasciati.
Miró! Sogno e colore prende le mosse dall’idea che l’artista aveva della propria opera: una sorta di monologo interiore e, al tempo stesso, un dialogo con il pubblico. La mostra, in cinque sezioni, presenta opere ampiamente rappresentative della raccolta della fondazione omonima e realizzate durante l’ultimo ciclo creativo dell’artista, quello più dinamico e innovativo seppur meno conosciuto.

Miró scelse di vivere a Maiorca, sfondo perfetto per la sua creatività e determinante fonte d’ispirazione fino alla fine dei suoi giorni: l’isola gli offre allo stesso tempo, infatti, poesia e arte popolare; magnifici giochi di luce in un felice contrasto con i paesaggi più aridi della Catalogna; il lusso di poter vivere e lavorare in intimità immerso in una natura primordiale e nel silenzio. Il profondo legame tra Miró e la natura esercita, insomma, una grande influenza sulla produzione e la necessità di rapportarsi a essa diventa il suo epicentro spirituale. Da questo scaturisce così la passione per la grandiosità delle manifestazioni artistiche delle culture primitive e per la pittura rupestre; la contemplazione dei dipinti preistorici che suggeriscono semplicità e purezza delle linee; i Moai dell’Isola di Pasqua e l’arte precolombiana con la loro verticalità e monumentalità; gli affreschi romanici della Catalogna che gli trasmettono l’idea di astrazione e ricchezza cromatica. Altro importante riferimento dell’opera mironiana è la figura di Antonio Gaudí, al quale Miró guarda con grandissima ammirazione, considerando l’opera dell’architetto modernista catalano una delle sue fonti di ispirazione. Un’influenza che si esprime soprattutto nella frammentazione dell’immagine e nella giustapposizione dei colori chiaramente riconoscibile nelle creazioni.

Miró è un artista con l’anima di un poeta che proprio nei poeti trova i suoi migliori interlocutori. Per Miró la poesia è impulso emotivo, quel momento visionario – di primaria importanza nel suo lavoro – che collega il cuore e la mente. Parole, iscrizioni e segni diventano veicoli attraverso i quali esprimere una sorta di accattivante magia che infonde alla sua pittura significati complessi e catene di associazioni. L’artista fa poche distinzioni tra pittura e poesia, i suoi dipinti sono testi visivi la cui sintesi struttura un nuovo tipo di linguaggio. I decenni conclusivi dell’attività di Miró presentano grandi collegamenti con la pittura astratta americana come l’alterazione del formato delle opere, le modifiche apportate in corso d’opera, l’uso del colore come esplosioni o a gocce irruvidite o diluite. Al pari della poesia, l’estetica e la filosofia orientali attirano Miró che ne fa fonte d’ispirazione nella sua attività creativa. Nel 1966, in occasione della più grande retrospettiva dedicata all’artista in Giappone, Miró si reca a Tokyo e Kyoto per la prima volta e qui è in grado di sperimentare in prima persona la cultura Zen, il potere delle poesie Hai-ku e gesti dei maestri calligrafi. In particolare, cattura la sua attenzione la relazione tra semplicità grafica degli ideogrammi, l’intensa meditazione e la preparazione rituale che precedono il gesto.
Nei primi anni Cinquanta Joan Miró inizia a sentire il bisogno di fissare la sua residenza e di poter realizzare il suo sogno: avere un laboratorio dove poter esercitare il suo lavoro. Fino ad allora, per motivi professionali e anche a causa di eventi storici, era stato costretto a spostarsi continuamente fino a quando, nel 1956, stabilisce la sua residenza permanente a Maiorca. L’amico e famoso architetto Josep Lluís Sert progetta, così, il laboratorio Sert che oggi ospita una moltitudine di tele non finite che creano una speciale atmosfera di colori e forme. Proprio in questo studio Miró realizza più di un terzo di tutta la sua produzione: qui si concentrano venti anni di febbrile attività e intensa avventura estetica, sempre aperta all’innovazione e alla sperimentazione tecnica. Ma nel 1959 Miró si sposta in una tipica e grande casa di campagna maiorchina del Settecento, Son Boter, dove sperimenta la scultura monumentale e dipinge le opere più grandi mantenendo la riservatezza cui teneva particolarmente. Qui Miró ci trasporta in un mondo nascosto e lontano, un mondo primitivo che evoca le pitture rupestri, prive di composizione. Le figure sono isolate, senza una relazione tra l’una e l’altra, si sovrappongono persino creando fantastici dipinti ibridi. Sono i cosiddetti “mostri”, emozionanti e commoventi nella loro semplicità formale. Accanto a queste anche graffiti, statuette di arte popolare, cartoline, ritagli di giornale, sassi, conchiglie e altro ancora. Tutti sono un possibile punto di partenza, a portata di mano per essere usati durante il processo creativo.

Tra il 1955 e il 1959 Miró – anche grazie al grande spazio che ha a disposizione a Son Boter – mette da parte la pittura per dedicarsi quasi esclusivamente alla ceramica, all’incisione e alla litografia. Questa interruzione favorisce una revisione e un rinnovamento del suo linguaggio, sempre alla ricerca di nuove forme d’espressione. Così nel 1959 riprende la pittura intensificando il grado di espressività, prova nuovi media e nuove forme di scrittura. Alla fine degli anni Sessanta, troviamo una tale ricchezza espressiva – tra pittura, disegno, scultura, ceramiche, arazzi e libri illustrati oltre alla grande varietà di procedure e tecniche – che ci avvicina a un Miró che imprime una sferzata radicale al suo stile pittorico. Il risultato è un lavoro pieno di forza e che gode di totale e selvaggia indipendenza e plastica libertà. Trasgressore, ribelle e anticonformista: un Miró che si confronta coi suoi dipinti degli anni Quaranta e Cinquanta; un Miró che ricerca nei dipinti degli anni Trenta, nell’espressionismo astratto americano o nell’arte orientale; un Miró che, per raggiungere un nuovo obiettivo, aumenta l’espressività del gesto attraverso la grafica, schizzi, tracce, macchie, collage e chiodi.
Nella fase finale della sua produzione riduce notevolmente i motivi iconografici per raccontarci, invece, di un solido universo e le sue stelle, di nude linee femminili e di figure falliche, di personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli. L’artista semplifica anche i colori della sua tavolozza tornando a tonalità più austere con una preponderanza crescente del nero. Il suo vocabolario si riduce a una piccola rosa di argomenti in cui la natura ha un ruolo primario e le forme si semplificano in una straordinaria varietà di combinazioni. Qui si esprime la magia del cosmo, delle stelle e dei pianeti in un firmamento irraggiungibile, immaginato o desiderato. Così il tema degli uccelli è trattato come attributo di libertà, legame tra il nostro mondo e l’universo; la donna – trattata non nella sua pura fisicità – pervade il suo lavoro divenendo fonte di vita, immagine connessa al primitivo e al rituale, agli uccelli, alle stelle o al sole, ma talvolta anche come essere erotico, inquietante o violento.

L’opera di Joan Miró ha aperto la strada a una nuova concezione della pittura basata su un linguaggio visivo, fisico e materico, e su codici pittorici innovativi che portarono un importante cambiamento nella pratica artistica contemporanea, dando una direzione nuova all’arte del XXI secolo e influenzando le generazioni successive di pittori, scultori e incisori in tutto il mondo.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Joan Miró (1893-1983), Untitled, 1975-78, Olio e matita su compensato, 100 x 64,5 cm
    © Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.
  2. Joan Miró (1893-1983), Untitled, 1968-72, Olio, acrilico, carboncino e gesso su tela, 130,6 x 195,5 cm
    © Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.
  3. Joan Miró (1893-1983), Maquette per Gaudí XII, 1975 [ca], Gouache, inchiostro, matita, pastello e collage su carta, 31,3 x 19,7 cm
    © Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.
  4. Joan Miró (1893-1983), Untitled, 1977 [ca], Olio e carboncino su tela, 100 x 80,5 cm
    © Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.
  5. Joan Miró (1893-1983), Untitled, 1974 [ca], Acrilico su tela, 162,5 x 130,5 cm
    © Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.

IN COPERTINA
Joan Miró (1893-1983), Untitled, 1968-72, Olio, acrilico, carboncino e gesso su tela, 130,6 x 195,5 cm
© Successió Miró by SIAE 2017, Archive Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca, Foto: Joan Ramón Bonet & David Bonet.

Dove e quando

Evento: Miró! Sogno e colore

Indirizzo:
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Fino al: 20180114