Lungo l’ala del Rinascimento nella Pinacoteca felsinea, un bel percorso pone in dialogo i capolavori del museo con gli importanti prestiti ottenuti e ripercorre lo sviluppo dell’arte bolognese dal 1475 al 1530. Il Ritratto di Giulio II di Raffaello, arrivato dalla National Gallery di Londra, è stato il punto di partenza per lo sviluppo del progetto curato da Daniele Benati, Maria Luisa Pacelli ed Elena Rossoni.

Tra i capolavori della ritrattistica rinascimentale, l’effige di uno degli uomini più influenti del suo tempo, è particolarmente significativa per Bologna e vale la pena ricordare che Giuliano della Rovere, eletto papa Giulio II, salì al soglio di Pietro il 1° novembre 1503. Nel saggio di Elena Rossoni in catalogo (edito da Silvana), tra l’altro si legge: «fu personalità di fortissimo carattere. Descritto come uomo d’azione, “papa guerriero” forte e “terribile”, fu colui a cui si devono le straordinarie commissioni artistiche del nuovo secolo, dalle decorazioni delle Stanze Vaticane di Raffaello alla volta della cappella Sistina di Michelangelo, dalla propria sepoltura, sempre commissionata a Michelangelo, sino al rinnovamento della basilica di San Pietro e alla realizzazione dei grandi progetti architettonici affidati a Bramante.

A questa dimensione romana, si aggiunga, come vuole dimostrare anche questa esposizione, il grande interesse per il rinnovamento artistico di altri luoghi posti sotto il proprio dominio, come la stessa città di Bologna, dove il papa volle portare i propri artisti, creando un momento di forte cesura nei confronti dell’entourage attivo nell’epoca dei Bentivoglio. Un papa, infine, che ha dimostrato di lavorare su di una dimensione mediatica fortissima divenendo, pur con le sue contraddizioni, uno dei grandi protagonisti del Rinascimento».

Una premessa chiarificatrice per interpretare lo straordinario ritratto di Raffaello, una complessa “macchina” comunicativa di una tale forza innovativa da riuscire a divenire “il” modello per la gran parte della ritrattistica papale.
Sempre come rileva la Rossoni, all’apparente “naturalezza” nulla di quanto appare nel dipinto è infatti casuale «tutto può essere riportato ad un complesso discorso che riflette perfettamente l’immagine che il papa voleva trasmettere di sé in quegli anni, diversa dalle interpretazioni che lo volevano appunto forte e “terribile”. Con il Ritratto di Giulio II è in fondo come se si stabilisse una dicotomia tra l’essere e l’apparire, tra l’essenza del proprio ruolo e la sua rappresentazione.

Desideroso di associare la propria persona allo stesso San Pietro, facendosi per questo raffigurare con la barba, Giulio II viene rappresentato non durante una funzione solenne, ma in udienza privata, forse nell’anticamera dove riceveva i suoi visitatori, seduto sulla sedia camerale decorata con le ghiande che ricordano il suo casato».
L’occasione ha permesso di riorganizzarne il percorso e trova una sua estensione, e completamento, in altre raccolte e siti monumentali cittadini, dove verrà posto l’accento sulle testimonianze artistiche di questa fase della storia bolognese. In Pinacoteca è stato scelto di iniziare l’esposizione con un focus sulla Cappella Garganelli: decorata dai ferraresi Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti tra il 1477 e il 1485.

Si trattò di una delle imprese pittoriche più straordinarie del Quattrocento bolognese, di cui il museo conserva il volto della Maddalena piangente dipinto da Ercole, unico prezioso frammento giunto fino a noi. L’altro estremo cronologico della mostra è il 1530, anno in cui Bologna ospitò l’incoronazione a imperatore di Carlo V d’Asburgo da parte di papa Clemente VII, imponendosi all’attenzione dell’intera Europa.