Ricordando la memorabile edizione di Boris Godunov diretta da Claudio Abbado nel 1979, questo pomeriggio, alle ore 18:00, Anteprima Under30 dell’opera inaugurale della Stagione scaligera 2022/2023, il capolavoro di Modest Petrovič Musorgskij diretto da Riccardo Chailly con la regia di Kasper Holten e Ildar Abdrazakov protagonista.
Rai Cultura trasmetterà la prima di mercoledì 7, in diretta su Rai1, collegandosi con il Piermarini a partire dalle ore 17:45 con undici telecamere in alta definizione, quarantacinque microfoni nella buca d’orchestra e in palcoscenico, quindici radiomicrofoni dedicati ai solisti. Un gruppo di lavoro di cinquanta persone tra cameraman, microfonisti, tecnici audio e video per un evento imperdibile. Sarà possibile seguire la serata nel giorno di Sant’Ambrogio, anche su Radio3 e Raiplay inoltre, sono numerosi gli accordi con le televisioni internazionali, cui si aggiungono oltre sessanta cinema in tre continenti.

Titolo ricorrente delle stagioni scaligere sin dalla prima italiana del 1909 voluta da Toscanini (tuttavia, l’anno prima, il Maestro aveva lasciato la Scala per il Metropolitan cedendo il podio a Edoardo Vitalema) diretto tra gli altri dallo stesso “Forbsòn”, ma anche da Guarnieri, Votto, Gavazzeni e Gergiev.
La versione scelta dal Maestro Riccardo Chailly è quella primigenia – presentata da Musorgskij ai Teatri imperiali di San Pietroburgo nel 1869 – che ebbe gestazione e storia complesse. Concentrata sul tema della colpa individuale, sulle sue inevitabili conseguenze, sgomentò i contemporanei per i tratti innovativi e realistici tanto dal punto di vista drammaturgico quanto da quello musicale.

Il compositore, nato in una famiglia di proprietari terrieri – decise di dedicarsi alla musica abbandonando la carriera militare – aveva subìto le conseguenze economiche dell’abolizione della servitù della gleba, riducendosi a una vita incerta e precaria, minata dall’alcol e dall’epilessia. Boris Godunov è la sua prima opera e irrompe sulle convenzioni del teatro musicale del tempo con effetti dirompenti. Il libretto, di pugno del compositore, attinge alla tragedia di Puškin, e alla Storia dello Stato russo di Alexander Karamzin, per disegnare un dramma shakespeariano sullo sfondo del cosiddetto “periodo dei torbidi” (1598-1614), gli anni di anarchia compresi tra la morte di Ivan il Terribile e l’avvento dei Romanov.

Per farlo Musorgskij immagina un linguaggio musicale visionario e anticipatore, spezza le forme chiuse dell’opera tradizionale in favore di un’adesione assoluta alla morfologia della lingua russa.
Dopo poco più di un anno di lavoro, dall’ottobre 1868 al dicembre 1869, Musorgskij presenta alla commissione dei Teatri imperiali di San Pietroburgo un’opera divisa in sette scene senza numeri chiusi, senza intrecci sentimentali, non ha alcuna parte femminile di rilievo e non prevede un tenore eroico o amoroso.
Ur-Boris o Boris originario: denso, cupo, profondo, troppo inconsueto per la commissione. Fu respinto con sei voti e solo uno favorevole.

Il compositore allora – tra il 1871 e il 1872, in un periodo in cui divide la stanza con Rimskij-Korsakov – operò una radicale revisione (la cosiddetta “versione originale”) che prevede l’aggiunta di tre nuove scene. Due costituiscono lo spettacolare “atto polacco” in cui, non solo una serie di canzoni popolaresche interviene a smorzare la cupezza generale, ma la voce tenorile di Grigorij (il “falso Dimitri”) trova spazio ed espansione eroica accanto a Marina, il personaggio femminile assente nella prima versione.
La terza scena, inoltre, rielabora temi della “scena dell’innocente”, sposta il finale dai toni dimessi della morte di Boris alla grandiosa rivolta nella foresta di Kromy. Non solo la continuità è spezzata in favore di una “drammaturgia a quadri” e si sposta tra luoghi e tempi diversi, ma tutta la musica viene riscritta attenuando il realismo per un più accentuato slancio lirico.
Tale revisione fu sufficiente a far rappresentare l’opera, che andò in scena al Mariinskij l’8 febbraio 1874, ma non a decretarne il successo. La critica, e i colleghi, accusarono l’autore di cattivo gusto e ignoranza musicale: di fatto un autentico linciaggio.

La sopravvivenza del titolo sulle scene si deve, in buona parte, alla revisione completata da Nikolaj Rimskij-Korsakov nel 1896, che reinventa l’opera ricoprendola di un’orchestrazione lussureggiante di immensa seduzione, ma in netto contrasto con le tinte scabre e severe volute da Musorgskij.
Nel 1928, il musicologo russo Pavel Lamm, pubblica una revisione critica comprendente le due versioni originali in partitura, rispettose della volontà dell’autore e dei suoi accuratissimi manoscritti.
La prima esecuzione assoluta dell’Ur-Boris ha luogo il 16 febbraio 1928 a Leningrado. Una nuova versione è poi approntata da Šostakovič tra il 1939 e il 1940 e va in scena a Mosca nel 1959.
La definitiva riscossa esecutiva dell’Ur-Boris dovrà attendere la versione del Kirov diretta da Valery Gergiev nel 1992.

Vicenda cupa e attuale dove riecheggia l’argomento del Macbeth verdiano con cui il Teatro alla Scala ha inaugurato la passata Stagione. Siamo nel 1598: morto lo zar Fëdor, guardie e sacerdoti esortano il popolo a pregare perché il boiaro Boris Godunov accetti di ascendere al trono. L’incoronazione ha luogo nella piazza delle cattedrali del Cremlino con un’imponente cerimonia turbata, però, da alcuni disordini. In una cella del monastero di Čudov l’anziano monaco Pimen sta per terminare la sua cronaca delle vicende della Russia ove riporterà la verità sull’assassinio dello zarevič Dimitri, legittimo erede al trono, perpetrato su ordine di Boris. Pimen narra il delitto al novizio Grigorij che, avendo la stessa età dello zarevič, decide di farsi passare per lui e guidare una rivolta contro Boris per impossessarsi del trono. Grigorij ripara in Polonia evitando l’arresto attraversando la frontiera con la Lituania. Le ultime scene narrano fatti accaduti nel 1604: i figli di Boris, Xenia e Fëdor sono cresciuti, lo zar governa un paese ormai stremato dalla carestia in cui il malcontento serpeggia tra il popolo e si moltiplicano le voci sul regicidio commesso. Alle frontiere premono le forze ribelli guidate da Grigorij. Perseguitato dal fantasma dello zarevič, Boris Godunov perde il senno e muore dopo un’ultima esortazione al figlio Fëdor.

Lo spettacolo, firmato da Kasper Holten e dal suo gruppo creativo, propone una lettura dell’opera incentrata sui temi della coscienza opposta al potere e della verità opposta alla censura. Alla radice della riflessione registica c’è l’origine del libretto, il dramma di Puškin, composto nel 1825 e pubblicato nel 1831.
Affrontando l’epopea del “periodo dei torbidi” Puškin si ispirava apertamente ai grandi drammi storici shakespeariani, non solo nella grandiosità dell’affresco, ma anche nella profondità dei personaggi e, proprio al teatro del Bardo, si rifanno alcune soluzioni adottate, tipo la rappresentazione del senso di colpa attraverso la materializzazione sulla scena di fantasmi reali o immaginati. Lo spettro dello zarevič è un elemento ricorrente, segno visibile della colpa e della follia del suo assassino.

Altro elemento posto in primo piano è la figura di Pimen – in scena sin dall’inizio intento a scrivere la sua cronaca – testimonianza veritiera e quindi politicamente pericolosa dei fatti che Boris, e i suoi scribi, tentano di occultare.
Pertanto, al centro dell’allestimento, questo richiamo alla verità, alla necessità di testimoniarla, lo spettatore verrà trasportato all’interno della cronaca di Pimen, e quindi della Storia, in cui passato, presente e futuro si intersecano e si influenzano. Una Storia circolare in cui la violenza torna come una costante.
La vicenda, articolata in sette scene, è divisa in due parti ben distinte sottolineate dall’inserimento di un intervallo: nelle prime quattro scene assisteremo alla cerimonia pubblica dell’incoronazione come mezzo propagandistico per trascinare il popolo, alla sovversiva testimonianza di verità di Pimen osservando Boris dall’esterno.
Nelle restanti tre scene – quasi sette anni dopo – assisteremo a come Boris cerchi di convivere con la colpa percependone la paura ed, entrando nella sua mente, il percorso verso la follia.
Anche qui i piani temporali si intersecano: Fëdor e Ksenija, avranno lo stesso destino dello zarevič, ma anche di tante vittime della violenza cieca del potere assoluto. Con la morte di Boris si chiude un circolo fatto di inchiostro e di sangue.

L’allestimento si avvale delle scenografie della britannica Es Devlin mentre i costumi, della danese Ida Marie Ellekilde, attraversano la storia spaziando con spirito creativo e non filologico dai tempi di Boris Godunov a quelli di Puškin, di Musorgskij fino ad alludere al presente.
Grande attesa anche per gli interpreti delle parti principali con – oltre al protagonista – Ain Anger (Pimen), Stanislav Trofimov (Varlaam), Dmitry Golovnin (Grigorij), Norbert Ernst (Šujskij), Lilly Jørstad (Fëdor).
Il Coro del Teatro alla Scala sarà preparato e diretto dal Maestro Alberto Malazzi.

Dettagli

Boris Godunov
Dramma musicale popolare in un prologo e tre atti (versione 1869)
Musica e Libretto di Modest Petrovič Musorgskij
Direttore Riccardo Chailly
Regia Kasper Holten
Personaggi e interpreti
  • Boris Godunov Ildar Abdrazakov
  • Fëdor Lilly Jørstad
  • Ksenija Anna Denisova
  • La nutrice di Ksenija Agnieszka Rehlis
  • Vasilij Šujskij Norbert Ernst
  • Ščelkalov Alexey Markov
  • Pimen Ain Anger
  • Grigorij Otrepev Dmitry Golovnin
  • Varlaam Stanislav Trofimov
  • Misail Alexander Kravets
  • L’ostessa della locanda Maria Barakova
  • Lo Jurodivyi Yaroslav Abaimov
  • Pristav, capo delle guardie Oleg Budaratskiy
  • Mitjucha, uomo del popolo Roman Astakhov Vassily Solodkyy
  • Un boiardo di corte Vassily Solodkyy

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala

Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala

Maestro del Coro Alberto Malazzi.

Scene Es Devlin
Costumi Ida Marie Ellekilde
Luci Jonas Bøgh
Video Luke Halls

Nuova Produzione Teatro alla Scala
durata spettacolo: 2 ore e 50 minuti ca.
primo atto 70 minuti
intervallo 30 minuti
secondo e terzo atto 70 minuti

Spettacoli:
Oggi, ore 18:00 – Anteprima Under30
Mercoledì 7 dicembre 2022, ore 18:00 – Serata inaugurale
Repliche:
10, 13, 16, 20 e 23 dicembre 2022, ore 20:00

Didascalie immagini

courtesy Teatro alla Scala

foto 1
Manifesto Boris Godunov edizione 2022

foto 2
Boris Godunov diretta da Claudio Abbado nel 1979  (locandina)

foto da 3 a 9 (e copertina)
alcuni momenti dell’opera durante le prove
ph. Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Teatro alla Scala - via Filodrammatici, 2 - Milano
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