Nel settembre del 2015 il tribunale di Agrigento autorizza per la prima volta un artista, il suo nome è Massimo Sansavini, a prelevare parte degli scafi delle navi dei migranti confiscate presso l’ex base militare americana Loran, il cosiddetto cimitero delle barche di Lampedusa.
In quanto corpo di reato, il destino di questo materiale è la distruzione, ma Sansavini gli conferisce nuova visibilità attraverso la mostra Touroperator visitabile fino al prossimo 2 maggio presso la Fondazione Dino Zoli di Forlì.
Il privilegio conferito dalla Procura della Repubblica di Agrigento diventa infatti ben presto una responsabilità per l’artista forlivese, che assemblando i pezzi di quei legni come fossero tasselli di un moderno mosaico, tecnica appresa durante la sua formazione artistica, crea opere che “possano essere memoria per la collettività e il futuro”.
Attraverso un vero e proprio percorso conoscitivo, Sansavini si interroga sul tema dei flussi migratori e del cambiamento della geografia politica che, guardando al futuro, sembra destinato a influenzare sempre più radicalmente la nostra società. Secondo l’artista questo mutamento, impetuoso ed irreversibile, sarà visto dalla coscienza storica degli anni a venire come uno dei maggiori eventi storici mondiali della nostra epoca.
Parte integrante del progetto è l’idea di volere raccontare le migrazioni facendo diventare “migrante” la mostra stessa. Per questa ragione le opere hanno intrapreso un loro percorso itinerante, raggiungendo sedi d’importanza internazionale come il Parlamento Europeo di Bruxelles.
Una volta selezionato, documentato e catalogato, il materiale delle barche di Lampedusa è assemblato da Sansavini per creare opere che ricordino i fondali marini, suolo sul quale si deposita la tragedia di numerosi naufragi.
Il racconto di questo esodo, che spesso assume i caratteri della diaspora, è trattato in modo delicato dall’artista che con quei legni colorati crea mondi fantasiosi e apparentemente pacati, ma che sanno indurre alla riflessione chi guarda oltre la superficie. Ogni opera è, infatti, composta da un numero di elementi pari a quello delle vittime del naufragio la cui data diventa titolo dell’opera stessa.
“Idealmente saranno stelle di mare, i corpi di coloro che giacciono in fondo al mare, ma al contempo potranno altresì essere letti come cieli stellati dove le anime dall’alto brillano” racconta l’artista.
Per aumentare ulteriormente la consapevolezza dello spettatore circa il percorso che sta intraprendendo, all’ingresso camminerà sopra una grafica che ritrae le coste africane e italiane e il mare che le divide, una sorta di preambolo visivo per immergersi nell’attualità del tema trattato. Incisivo il varco con la scritta Touroperator, riferimento ai mercanti di uomini visti dalla parte degli scafisti, che nella sua forma ricalca quella dell’ingresso ad Auschwitz.
Il percorso espositivo è infine arricchito, oltre che da fotografie che raccontano il recupero del materiale e il processo creativo di Sansavini, anche da altri oggetti quali timoni e suppellettili personali reperiti negli scafi e qui esposti come vera e propria testimonianza storica che, dopo essere passati per la trasfigurazione dell’arte, ci ricorda da dove tutto provenga.
Dettagli
Le opere sono realizzate con il legno degli scafi dei migranti e con il materiale reperito presso il cimitero delle barche di Lampedusa ex base americana Loran. nel mese settembre/ottobre 2015 a seguito di autorizzazione ad accedere e prelevare detto materiale esclusivamente ad uso artistico da parte della Procura della Repubblica di Agrigento.
(© Vincenzo Bruno) (© Vincenzo Bruno)