Qual è il rapporto con il contemporaneo?
Ho sempre parlato con Mario Merz, Alighiero e anche con Gino
e non abbiamo mai pronunciato la parola contemporaneo.
Eppure siamo vivi lo stesso.
(Marco Bagnoli, 2008)
Marco Bagnoli, toscano classe ‘49, è un artista difficilmente ascrivibile ad una precisa corrente artistica. Ed è ancor più difficile immaginare come la sua vita sia divisa tra due poli quasi ossimorici: da un lato la sua arte oggi raccontata in un bel volume edito da Skira, dall’altro l’impegno come vicepresidente della Sammontana, l’azienda di famiglia fondata nel primo dopoguerra dal padre.
L’attitudine poliedrica di Bagnoli si manifesta sin dall’epoca degli studi quando, iscrivendosi alla Facoltà di Chimica, arriva persino ad avvicinarsi agli studi di genetica, alla fisica relativistica e allo studio della struttura della materia. Parallelamente, la viscerale passione per la poesia e la filosofia che lo avevano interessato sin dalle superiori, sono materie fondamentali alle quali l’artista dedica costantemente studio, riflessioni, spunti.
Gli interessi poliformi verso i misteri della vita e delle sue strutture fisiche e morali lavorano a fondo nell’animo del giovane che, negli anni universitari, seppure non ancora cosciente di quale strada avrebbe preso la sua ricerca, inizia a frequentare altri che come lui che diventano figure importanti dello scenario artistico italiano come Gigi Boni, Remo Salvadori, Sandro Chia.
Un saggio di Germano Celant fa da antiporta al volume recentemente dedicato all’artista da Skira, avviandone alla comprensione dell’operato ma Senza affrettare risposte su Marco Bagnoli, come indica il titolo del contributo stesso.
Dopo una ricostruzione dei contesti contemporanei multiformi, quegli “accadimenti visuali e iconici, sensoriali e concettuali messi in campo dalle ricerche artistiche internazionali” utili per comprendere la storia di Bagnoli, il critico inizia a fare luce sul percorso dell’artista, avviando l’analisi proprio da quel primo interesse per la poesia che “è inizialmente il mezzo per riconoscersi senza alcuna propensione narcisistica”. Nelle prime esperienze poetiche, l’interesse di Bagnoli è rivolto a scrittori come Mallarmé, Rimbaud, Valery nei quali “la parola ha una risonanza visuale e simbolica…approda a risultati ottici”. Il passo dalle poesie visuali al film è breve, offrendogli un ulteriore strumento conoscitivo di sé stesso. Su questo tessuto fertile va poi a inserirsi la concretezza data dagli studi della chimica che, sempre unita alla filosofia e alla poesia, fanno entrare l’artista in una situazione dialettica in bilico tra “l’accettazione del mondo come è e l’aspirazione a un reale altro, enigmatico e magico.”
Ma questo è solo l’inizio di un racconto dettagliato dove “il vedere e il rappresentare implicano un senso teorico e filosofico, per cui l’immagine è sempre elaborazione di un pensiero che fa riferimento a una conoscenza dei sensi e di sé.” Resta quindi costante l’illuminante rapporto con le scienze, tanto che secondo il critico si può affermare come l’innovazione maggiore dell’opera di Bagnoli risulti proprio “nell’aver stabilito una formale equivalenza [dell’arte] con la scienza e la fisica, l’astronomia e la matematica, anch’esse cariche di potenza magica.”
L’intensa analisi che Celant fa dell’arte di Bagnoli prosegue per tutto il saggio coniugando esperienze di vita catartiche come i viaggi alla scoperta delle culture extra-occidentali, ai sodalizi artistici ed esperienziali, sino ai tanti complessi rimandi al contesto, per estrapolare gli strumenti utili ad interpretare alcune delle principali opere e installazioni dell’artista. Bagnoli, del resto, ha sempre saputo spaziare facilmente tra mezzi espressivi molto diversi, muovendosi poi dalla semplicità di alcuni messaggi a simbologie complesse.
Oltre a poter vantare in curriculum la partecipazione alle più prestigiose kermesse artistiche come la Biennale di Venezia e Documenta, Bagnoli è anche l’autore di suggestive opere ambientali colme di simbologie e pensate soprattutto per la sua terra, la Toscana. Per citare ad esempio Firenze, celebri le sue installazioni per il Giardino di Boboli, la Fortezza da Basso, la Basilica di San Miniato o la Cappella Pazzi in Santa Croce.
Segue il saggio una cronologia suddivisa per anni, dal 1949 al 2017, sempre a firma di Germano Celant e Antonella Soldaini. Redatti attraverso un’attenta acquisizione di materiali d’archivio, servizi fotografici e filmati d’epoca, scritti e corrispondenze editi ma anche inediti dell’artista, informazioni fornite da curatori, collezionisti, e dai direttori di musei e gallerie internazionali nei quali Bagnoli si è meritato un posto, la cronologia e il regesto rimarranno come lo strumento principale sul quale basare ogni futura ulteriore analisi critica dell’operato dell’artista.
Un’ultima parola a Germano Celant:
“La poetica di Bagnoli è largamente riportabile al filone di pensiero in cui, dal Romanticismo e dal Simbolismo, si è indirizzata un’arte che si situa nel punto di intersezione tra la polarità del dionisiaco e dell’apollineo: là dove il diurno convive con il notturno e si enuncia un sapere sintetico legato alla fusione degli opposti”.
Didascalie immaginiI
- Copertina del volume Germano Celant, Marco Bagnoli, Skira, 2018
- Bonjour, Monsieur Cézanne, cappello di feltro, Galleria Lucio Amelio, Napoli 1978. Fotografia di Maria Benelli
- Chi sono io è la luce che tu sei; come tale sono venuto a te luce celeste, 1986-2007, 5 elementi, terracotta smaltata, impianto sonoro, h. 102 cm, diametro 42 cm, Atelier Marco Bagnoli, Montelupo Fiorentino 2017. Fotografia di Mario Lensi
IN COPERTINA
Particolare della copertina del volume