Angelo Branduardi cantautore, violinista, polistrumentista, compositore e creatore, negli anni Settanta, di un genere musicale che unì il pop alla musica antica (in particolare, medievale e rinascimentale) e alla world music. Un successo italiano che nel 1976, con “Alla Fiera dell’Est” vinse il Premio della Critica Discografica, e non poteva essere diversamente in quanto era riuscito, con quella canzone a sollecitare le più diverse emozioni, partendo lieve e fiabesca, diventando, più andava avanti, oscura e potente. Infatti, l’innocua storia di un topolino terminava con l’apparizione dell’Angelo della Morte e, addirittura, del Signore che arrivava a punire tutti in un crescendo strumentale, sempre più incalzante, che trasmetteva vigore, forza, spalancando alle orecchie più giovani, o meno esperte, l’arcano potere della musica.

Un successo velocemente allargato a macchia d’olio in svariati Paesi, poi consolidato con icone come “Cogli la prima mela” o “Si può Fare” all’epoca dei Duran Duran e degli Spandau Ballet, un raggio di luce su tutti i giovani musicisti, in particolare su quelli che cercavano una propria voce fuori dalle logiche di mercato.
Una carriera attraverso ventidue album in studio, svariate colonne sonore, dischi dal vivo e concerti che fanno regolarmente registrare il tutto esaurito.

Da fine marzo, Branduardi si racconta per la prima volta in “Confessioni di un malandrino – autobiografia di un cantore del mondo” (Baldini+Castoldi), racconto autentico sulla vita e la carriera scritto insieme al critico musicale Fabio Zuffanti che, nell’introduzione al volume, annota: «Ci sono artisti che hanno la capacità di gettare un ponte tra la realtà e il sogno, che riescono a squarciare il velo della quotidianità per lasciarci intravedere mondi solitamente celati alla vista. Uno di questi artisti è Angelo Branduardi. Qualcuno lo definirebbe un cantautore, un musicista, un menestrello, o meglio, un trovatore. Molti penserebbero a lui come quello di Alla fiera dell’est, una filastrocca in formato canzone che in Italia conoscono tutti, proprio tutti. Ma Branduardi è molto più di questo.»
Dall’infanzia trascorsa a Genova alla scoperta della passione per la musica, dai tour in giro per l’Europa alle ispirazioni che stanno dietro alle sue creazioni, la famiglia, i concerti, gli incontri, i grandi successi, le scelte giuste e quelle sbagliate, la luce e il buio del suo essere uomo prima che artista.
Il volume contiene un’ampia appendice discografica curata da Laura Gangemi – principale animatrice del fanclub ufficiale di Angelo Branduardi, Locanda del Malandrino – e una prefazione curata da Stefano Bollani che, fra l’altro, ricorda: «Era come se quel timbro così caldo, quelle parole così raffinate, quegli arrangiamenti moderni con armonie antiche ci stessero dicendo una cosa importantissima: si poteva dunque fare la propria musica, restare fuori dal coro e al tempo stesso incontrare il “grande pubblico”. Certo, ci voleva talento. Il suo talento.»
Angelo Branduardi ha presentato il libro lo scorso aprile alla Feltrinelli di Milano e sarà poi:
- al Teatro Pime di Milano il 14 maggio alle ore 17:15
insieme a Fabio Zuffanti - al Salone del libro di Torino il 20 maggio alle ore 17:15